30 gennaio 2018 12:12

È un’espressione di cui nessuno, in Polonia, tollera l’uso. Da sinistra a destra, giovani o vecchi, nemici o sostenitori del partito nazionalista Diritto e giustizia (PiS), al potere dal 2015, in Polonia nessuno accetta che si parli di “campi della morte polacchi” a proposito dei campi di sterminio creati dai nazisti in Polonia.

Il problema è che questo equivoco linguistico tra il posizionamento e la paternità dei campi è talmente diffuso che il PiS ha deciso di vietarlo per legge. Chiunque dica o insinui che la Polonia possa essere anche parzialmente responsabile del genocidio degli ebrei e parli di “campi polacchi” sarà passibile di condanna fino a tre anni di prigione.

In sé non c’è niente di scandaloso né ingiusto, ma il problema è che questa legge, che ha la pretesa di affrontare la storia, è destinata ad alimentare le polemiche. I campi di sterminio non erano certo polacchi, ma ciò non toglie che l’antisemitismo era estremamente diffuso nella Polonia del ventesimo secolo.

La forza dell’antisemitismo
Diversamente da quello nazista, non si trattava di un antisemitismo ideologico e razziale che considerava gli ebrei come subumani da sterminare, ma piuttosto di un’ostilità politica con cui i nazionalisti avevano finito per considerare gli ebrei come avversari dell’identità, storica e cattolica, della Polonia.

Non possiamo paragonare il fenomeno alla crudeltà nazista, ma questo antisemitismo era talmente forte che alcuni polacchi, nelle campagne, arrivarono a massacrare i loro vicini ebrei durante la guerra e anche nell’immediato dopoguerra. Alla fine degli anni sessanta il partito comunista organizzò una campagna antisemita così violenta che la quasi totalità degli ebrei polacchi sopravvissuti al nazismo fu costretta a lasciare il paese.

Questi sono fatti, ma è anche vero che molti polacchi hanno contribuito a salvare gli ebrei, più che in qualsiasi altro paese, e che non è mai accaduto (diversamente dalla Francia) che i poliziotti arrestassero gli ebrei e li consegnassero ai nazisti. Il governo polacco in esilio, tra l’altro, è stato il primo governo a denunciare e documentare la politica di sterminio condotta dai nazisti.

Si tratta insomma di una faccenda molto complessa. La legge non può riscrivere sommariamente la storia. Nazionalista o meno, il governo polacco non avrebbe mai dovuto lanciarsi in un’operazione che inevitabilmente risveglierà ricordi dolorosi per molti ebrei polacchi, tanto che il governo israeliano, attraverso le parole del suo primo ministro Benjamin Netanyahu, ha parlato di volontà negazionista. Una legge è troppo semplice per poter raccontare la storia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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