07 maggio 2018 11:39

Mancano appena cinque giorni. Al massimo il 12 maggio, il mondo saprà se Donald Trump cancellerà o meno l’adesione degli Stati Uniti al compromesso sul nucleare negoziato tra le grandi potenze e l’Iran nel 2015. Il 6 maggio il presidente iraniano Hassan Rohani ha dichiarato che “se l’America rinuncerà all’accordo andrà incontro a un rimpianto storico” perché “gli ordini necessari”, ha aggiunto senza voler precisare, “sono stati inoltrati alla nostra organizzazione per l’energia atomica”.

Emmanuel Macron ha sottolineato che in caso di ritiro di Washington dall’accordo “si aprirebbe il vaso di Pandora” e che “potrebbe scoppiare una guerra”.

Sono parole tutt’altro che esagerate, perché già nel 2015, al momento della firma del compromesso, l’allora capo della diplomazia americana John Kerry aveva dichiarato che probabilmente era stata scongiurata una guerra, perché la prosecuzione del programma nucleare iraniano non avrebbe lasciato alternative: un attacco contro l’Iran che avrebbe scatenato un caos regionale o l’accettazione della costruzione della bomba atomica da parte di Teheran, seguita da Arabia Saudita e Turchia (nel cui caso, considerando anche la potenza israeliana, si arriverebbe a quattro potenze nucleari in Medio Oriente).

Doppia incertezza
Oggi l’alternativa è esattamente la stessa. Forse Donald Trump troverà il modo di criticare il compromesso senza farlo saltare formalmente. Non è escluso, ma anche in questo caso l’intesa del 2015 finirebbe, perché le aziende occidentali non oserebbero più investire in Iran e il regime iraniano si ritroverebbe penalizzato su tutti i fronti, senza l’atomica e senza la possibilità di integrarsi nell’economia mondiale.

A meno che Trump non rinunci all’idea di sabotare il compromesso, domenica il mondo entrerà in una fase d’incertezza doppia, per due motivi.

Il primo motivo è che, dopo il secondo mandato di George Bush, gli Stati Uniti non vogliono più essere il gendarme del mondo e da allora nessun nuovo equilibrio ha sostituito quello del passato, anche perché l’Unione europea non si è ancora decisa ad affermarsi come potenza politica.

Il secondo motivo d’incertezza è che gli Stati Uniti sono oggi nelle mani di un presidente la cui incompetenza è pari solo alla sua volgarità. Donald Trump è un uomo che, tra l’inchiesta russa e lo scandalo che ha coinvolto una pornostar, ha avuto il coraggio di dire che al Bataclan ci sarebbero stati meno morti se in Francia ci fosse la vendita libera di armi.

Ma certo, vendiamo armi a tutti e non ci saranno più omicidi di massa in Europa, come accade negli Stati Uniti, dove tutti sanno che tragedie del genere non accadono mai… Proprio una bella idea, caro mister Trump.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it