19 maggio 2016 17:42

In arabo il film s’intitola “Da A a B”, da Abu Dhabi a Beirut, o come ricominciare partendo dall’inizio dell’alfabeto con un viaggio attraverso il Medio Oriente, dalla penisola araba al mar Mediterraneo. In italiano il film si chiama Viaggio da paura e ha una locandina degna dei peggiori cinepanettoni. Quella originale mostra invece i diversi aspetti della regione: lo skyline delle città modernissime degli Emirati, il deserto dell’Arabia, la città antica di Petra in Giordania, e infine Beirut, la città di riferimento del mondo arabo per tutto quello che è cultura e divertimento.

Nella forma siamo davanti a un road movie classico, una storia di amicizia tra tre giovani uomini che cercano, attraverso il viaggio, di superare il trauma della morte di un quarto amico, Rady, ucciso nei bombardamenti di Beirut nel 2006. Nel complesso è una commedia un po’ superficiale che gioca, come nelle barzellette, sugli stereotipi nazionali: “Ci sono un egiziano, un siriano e un saudita…”. La caratterizzazione dei tre risponde a questi cliché: l’egiziano è esuberante e ossessionato dal suo account Twitter e dai suoi 773 follower, il saudita ha un padre milionario, il siriano è serio e introspettivo.

Youssef soffre dell’enorme differenza tra la sua identità di dj alla moda e la visione tradizionale del regno saudita

Questa gioventù dorata, che vive ad Abu Dhabi in appartamenti di lusso e gira a bordo di Suv scintillanti, va incontro con la leggerezza della commedia a un Medio Oriente in rovina e le cose si fanno più interessanti. Rami, l’egiziano, non vive più nel suo paese e continua la lotta contro il regime su Twitter, ma il suo attivismo è ridicolo e sembra ridursi al fatto di mettere magliette cool con slogan rivoluzionari. Il film non lo dice esplicitamente, ma si capisce bene che per uno come lui vivere in Egitto oggi è impossibile. Rami non cade mai nella tragedia, ma rappresenta chiaramente una gioventù spossessata di tutti i suoi sogni di libertà.

Youssef, il saudita, interpretato dal noto attore comico e star di Youtube Fahad Albutairi, s’imbatte già alla frontiera con delle regole che non sente sue: si è scordato che far entrare dell’alcol in Arabia Saudita è contrabbando. Suo padre non sa esprimere i propri sentimenti se non con i soldi e il giovane soffre dell’enorme differenza tra la sua identità di dj alla moda e la visione tradizionale del regno.

Omar, infine, personifica la tragedia siriana. Suo padre è diplomatico e quindi, inevitabilmente, dalla parte del regime. Durante la loro traversata della Siria, e soprattutto nella città martoriata di Daraa dove vanno a riaccompagnare una ragazza, il giovane incontra il suo paese per la prima volta: è un mondo di fantasmi e di milizie. Alla fine i miliziani di Daraa lasciano passare i tre amici. Potrebbe sembrare poco realistico ma attraverso le figure di alcuni combattenti il film ci ricorda la complessità delle motivazioni che hanno spinto normali padri di famiglia a prendere le armi.

Persone vere con problemi veri

I tre ragazzi del film sono sicuramente un po’ superficiali, ma è anche vero che per questa generazione di arabi l’unica possibilità di vivere una vita normale e di pace è rifugiarsi negli Emirati, un paese che formalmente fa parte della regione ma che allo stesso tempo è molto lontano dalle vecchie culture cittadine del Cairo, di Beirut o di Damasco. Il regista, Ali Mostafa, non cerca di far piangere lo spettatore, ma non nasconde nemmeno la situazione tragica della regione: né i suv né gli occhiali firmati possono far dimenticare ai tre protagonisti che le loro radici sono ormai perdute e che i loro paesi di origine stanno morendo.

Ali Mostafa aveva realizzato nel 2010 il primo lungometraggio degli Emirati, City of life. All’epoca aveva spiegato così la motivazione dietro il suo lavoro: far vedere al mondo che dietro lo skyline di Abu Dhabi e di Dubai ci sono anche delle persone. “Ero stanco di sentire paragoni tra Dubai e Disneyland. La maggior parte della gente guarda solo i palazzi scintillanti e crede che è un posto artificiale. Nel mio film ci sono invece persone vere, con problemi veri”. Viaggio da paura prosegue lungo questa linea e ricorda La bicicletta verde, il primo film girato in Arabia Saudita: attraverso la commedia, e con una narrazione ancora un po’ maldestra, riesce a mostrare un mondo sconosciuto, lontano dalle solite immagini spettacolari e stereotipate.

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