09 dicembre 2014 22:25

Lo spot di Matteo Renzi sulla corruzione, il video di quasi quattro minuti che è sul sito del governo, cerca di rimediare alla crisi di credibilità che nell’ultima settimana ha colpito il Partito democratico con l’apertura dell’inchiesta su Mafia capitale.

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Dopo aver rapidamente fatto marcia indietro sul sindaco di Roma, Ignazio Marino, di cui per mesi Renzi sembrava volere la testa, dopo aver mandato in avanscoperta Matteo Orfini per fare pulizia nel partito romano (”Controlleremo le tessere una a una”), dopo aver rilasciato per una settimana dichiarazioni del tipo “chi ruba è un ladro”, il presidente del consiglio ha capito – sondaggi in discesa alla mano – che non bastava. E ha girato un video.

Ha elogiato il suo governo che ha realizzato cose importanti (il presidente dell’autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, i provvedimenti dopo l’inchiesta sugli appalti per il Mose di Venezia, la legge antiriciclaggio) e ha elogiato se stesso per aver deciso insieme al ministro Andrea Orlando di fare qualcosa in più. Questo qualcosa in più è, in pratica, inasprire le pene: ci sono pochi corrotti in carcere, solo 250, ce ne metteremo di più. “Li perseguiteremo”, dice due volte, “fino all’ultimo giorno”.

All’inizio del video, Renzi accenna al fatto che il marcio nasconde anche una questione morale che a sua volta ne contiene una culturale, e che bisogna educare alla legalità. Tutto giusto. Ma invece di pensare ancora una volta di risolvere un’emergenza con un giro di vite, si potrebbe discutere sull’idea di politica.

E decidere che forse è meglio una legge seria sul conflitto d’interessi – per evitare commistioni tra amministrazione della cosa pubblica e lobby contigue ai partiti – piuttosto che aumentare gli anni di carcere, che il finanziamento pubblico ai partiti non è il male assoluto se l’alternativa è che la politica dipenda da bande criminali, che i partiti dovrebbero essere degli organismi aperti, e non delle leopolde dove misurare la partecipazione solo in termini di consenso.

Perché il consenso senza critica, si sa, ci mette assai poco a diventare clientela.

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