01 aprile 2019 16:55

La mia migliore amica è diventata mamma e ho l’impressione che adesso si senta in qualche modo superiore a me, perché io non ho figli. Ha ragione lei? –Erica

Nel film Mine vaganti, di Ferzan Ozpetek, Lunetta Savino interpreta una madre che reagisce malissimo al coming out del figlio. Sfogandosi con l’altro figlio, gli dice di non credere affatto a questa storia dell’omosessualità: “Sono sua madre, me ne sarei accorta”. Lui le risponde che una madre non è necessariamente cosciente dell’orientamento sessuale dei figli, ma lei lo gela: “Che ne sai tu, sei madre? No. E allora che ne sai”. È una vecchia storia: chi non ha figli “non può capire”.

L’idea che diventare madre doni dei poteri extrasensoriali è diffusa ma non ha alcun fondamento. Il fatto che attecchisca soprattutto tra neogenitori mi fa pensare che sia una forma di autoconsolazione per la fatica e lo shock emotivo dovuti alla nascita di un figlio. Diventare madre o padre fa scoprire lati nascosti, a volte migliori, ma diventiamo anche molto più fragili e preoccupati. Per le donne, poi, a complicare tutto c’è anche l’idea che procreare conferisca una legittimazione biologica e sociale. Anche questo è falso.

L’arrivo di un bambino porta con sé un bel carico di emozioni e responsabilità in più, ma non tutti sono in grado di trasformarlo in una risorsa per crescere. In quella scena del film, Lunetta Savino non ha idea che anche il figlio con cui sta parlando è gay, dimostrando che in certi casi la mamma non solo non sa, ma è proprio l’ultima a sapere.

Questo articolo è uscito nel numero 1300 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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