23 novembre 2020 14:25

Gli Slowdive sono il gruppo che più mi piaceva della cosiddetta ondata shoegaze inglese. Shoegazing significa fissarsi le scarpe ed è quello che band come Lush, Ride o Galaxie 500 facevano quando salivano sul palco, immersi in un bagno di melodico, rumoroso e psichedelico riverbero.

Gli Slowdive erano i più bravi di tutti a fissarsi le scarpe mentre s’immergevano nel loro bagno di suono. E quando nel 1995 si sono sciolti, dopo due album memorabili, lo hanno fatto con un gesto tanto snob quanto elegante: hanno salutato con Pygmalion, un album che di shoegaze non ha più nulla: nessun riverbero, nessun feedback elettrico e pochissima melodia. Pygmalion è lo scheletro di un album shoegaze, una serie d’impalpabili acquerelli ambient affollati di minuscoli, delicati dettagli. Un addio al brit-pop tanto spiazzante quanto meraviglioso.

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Dal pulviscolo luminoso che si è depositato dopo l’esplosione al rallentatore degli Slowdive è nata una strana creatura, un anacronistico gruppo country/dream pop chiamato Mojave 3. Mentre tessevano le trame elettroniche di Pygmalion, Neil Halstead e Rachel Goswell degli Slowdive buttavano giù idee di canzoni folk per chitarra acustica e voce. Era un modo per evadere dall’astrazione assoluta della musica su cui lavoravano tutto il giorno, rifugiandosi in un mondo più vicino a quello di Leonard Cohen e Nick Drake. Quei demo sono finiti in mano a Ivo Watts-Russell, il capo della leggendaria etichetta 4AD (la stessa di Cocteau Twins, Pixies e Dead Can Dance), che li ha messi sotto contratto per un album che poi sarebbe diventato il loro debutto come Mojave 3, Ask me tomorrow.

Ask me tomorrow è un album minimale che sogna i grandi spazi dell’America senza esserci mai stato. È una fantasia a occhi aperti, una versione tutta britannica di quello che negli Stati Uniti cominciavano a chiamare “alt-country”. Il suono monumentale degli Slowdive si dissolve per lasciar emergere solo una melodia sussurrata, un pianoforte e una chitarra acustica che sembrano arrivare da molto lontano. Ask me tomorrow ha il suono di un potente anestetico che comincia dolcemente a fare effetto, è un album-prozac da riscoprire per ottundere l’ansia del lungo inverno pandemico che ci aspetta.

Epilogo: per fortuna gli Slowdive si sono riformati nel 2016, sono tornati in tutto il loro splendore shoegaze e hanno fatto in tempo a spettinarci al Primavera sound subito prima della pandemia. Ma questa è un’altra storia.

Mojave 3
Ask me tomorrow
4AD, 1995

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