05 giugno 2018 18:32

Il monologo del replicante Roy Batty ormai prossimo alla rottamazione (è uno dei pezzi forti di Blade runner: “Ho visto cose che voi umani…”) ha avuto – si sa – una grande meritata fortuna. È infatti una sintesi molto efficace di un antico terribile tema: la morte come spreco penosissimo. Roy dice, in sostanza: acquisiamo, vivendo, un bagaglio cospicuo di esperienze, conoscenze e abilità con cui potremmo fare sempre meglio, ma poi si muore e tutto va in malora.

Bene, col tempo l’umor nero di quella battuta s’è scolorito. Basta prestare orecchio alle chiacchiere per strada, sui mezzi pubblici, in televisione, per rendersi conto che del monologo di Roy è prevalsa la prima parte soltanto. La gente gode a buttar lì con fierezza: “Ho viste cose che voi umani nemmeno vi immaginate”. O a esprimere entusiasmi turistici: “Bellissimo, abbiamo visto cose che voi umani ve le sognate”. Senza contare la sbruffonata da bullo: “Ho visto cose che voi subumani ve le sognate”.

Ma capita sempre più raramente di pescare qualcuno che, sebbene la battuta sia breve, ne custodisca il senso complessivo e lo riusi. Eppure cinema e televisione mettono sempre più in circolazione storie in cui il problema è come trasbordare la coscienza oltre la morte. Evidentemente la calma disperazione del replicante gli umani fanno il possibile per tagliarla fuori dalla vita quotidiana e dimenticarla.

Questa rubrica è uscita il 25 maggio 2018 nel numero 1258 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati

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