26 giugno 2018 16:41

Appena lo straniero Macron dice che il governo italiano si comporta in modo vomitevole, ecco che moltissimi si sentono fratelli d’Italia. Appena lo straniero Varoufakis dice in tv che il governo è fascista, parecchi si stringono a coorte e naturalmente sono pronti alla morte. Reazioni di sovranisti? No, anche gli europeisti assumono toni gravi e chiariscono a francesi, greci, spagnoli, tedeschi eccetera che devono misurare le parole, stanno parlando del governo d’Italia.

Sono tempi confusi, la figura dello straniero ridiventa odiosa e resuscita di contro pseudofratellanze. Così chi credeva di essere fratello d’Italia, d’Europa, d’Africa, di tutti, avverte che è tempo di scegliere. Io, per esempio, mi sento più fratello del greco Varoufakis che di Salvini. Io, per esempio, mi sento più fratello degli stranieri stipati in imbarcazioni precarie, più fratello di uomini, donne e bambini scuri o nerissimi, con le loro memorie zeppe di tormenti e di orrori, che del ministro dell’interno. Anzi decisamente non ce la faccio a sentirmi fratello di un’Italia che vuole nascondersi la sua condizione di famigliola stremata, rissosa, corrotta, sempre a rischio di dissoluzione, e sognarsi invece ferocemente unita dalla xenofobia e dal razzismo, tutta stretta intorno a un governo molto di destra e un pochino di sinistra, assai nazional e appena appena socialista.

Questa rubrica è uscita il 15 giugno 2018 nel numero 1261 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero| Abbonati

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