13 ottobre 2017 16:38

Primi anni novanta. Una notte, due uomini salgono in automobile, uno davanti, uno dietro, per un viaggio da Grandvaux a Saint-Malo. Destinazione il Festival des étonnants voyageurs. Il passeggero seduto dietro si prende un bel cuscino e partono, nel silenzio. Silenzio prolungato che viene rotto da The gentle side di John Coltrane, un pezzo che all’autista piace molto, di poco disturbo. Quando finisce il disco, il passeggero accoccolato sul sedile anteriore improvvisamente lancia: “Bellissima questa. Cos’era? Mettila di nuovo!”.

L’intero viaggio fino a Saint-Malo è fatto con questa colonna sonora. Un momento magico per l’autista del viaggio. E un momento di svolta per la sua carriera futura, anzi per la sua vita futura tout court. È lì che nasce una seconda volta, è lì che c’è l’abbozzo anche del suo nuovo nome, della sua nuova genesi. Forse questa parola è la più adatta per definire il percorso di Marco Steiner, un nome e un cognome coniati ex novo.

In quel momento è ancora l’assistente per le ricerche più di base, anche se già essenziali, di Hugo Pratt, il passeggero del sedile anteriore. Ma in quel viaggio da Grandvaux, il paesino svizzero dove si era rifugiato il creatore di Corto Maltese, con destinazione Saint-Malo in Bretagna per un incontro con lo scrittore Álvaro Mutis, e ancor più in quello di ritorno, Steiner sente “uno scatto di amicizia più profonda, parlando di letteratura e di fumetti”. Per anni Marco Steiner è stato l’assistente per le ricerche storiche (meticolose) di Pratt. Poi, molto di più. Un di più importante, che lo pone di fatto come il primo prolungatore della saga di Corto Maltese con modalità davvero nuove. Prima nello spazio fisico, con viaggi che diventano dei fotoreportage realizzati insieme al fotografo Marco D’Anna per fungere da prefazioni alle storie di Corto Maltese. Prolungandole così nello spazio e nel tempo (cioè nei tempi nostri): sotto la forma di splendidi reportage di viaggio si rivelano in realtà viaggi di conoscenza dei luoghi e degli uomini che Rizzoli Lizard ha raccolto in un volume (I luoghi dell’avventura).

Divertiamoci seriamente, mi diceva sempre Hugo Pratt. Forse il suo insegnamento più bello

In seguito con la pura scrittura, scrivendo romanzi che raccontano Corto Maltese da giovane, la sua genesi come uomo, editi da un editore di prestigio e riferimento come Sellerio. Romanzi come Il corvo di pietra e soprattutto Oltremare, vincitore del prestigioso premio Salgari, dove ha battuto opere d’importanti scrittori come Michele Mari. “Il premio della Giuria degli esperti”, aggiunge Steiner, “è un premio ai tre finalisti, alla pari, che prendono la stessa statuetta. Poi però arrivano altri due premi”. Quello che lo colpisce di più “è quello dato dai carcerati della casa circondariale di Montorio, che hanno un gruppo di lettura nutrito”.

Per Steiner “hanno premiato Oltremare con il premio più bello che uno scrittore come me possa desiderare: un veliero fatto con le loro mani con pezzi di stoffa, pezzi di lenzuolo, stuzzicadenti, cartine delle loro sigarette, senza colla, nulla. Ma fatto. Un regalo con i loro nomi e con la motivazione che questa storia li ha portati lontano da muri e sbarre”. Steiner ha la sensazione “meravigliosa” di aver vinto due volte. “Perché in fondo è il premio a Corto Maltese”. Sensazione di meraviglia che ha avuto in seguito vari prolungamenti, come quello dello spettacolo teatrale dedicato a Corto Maltese ,Conversations avec Irène, in Belgio a Tournai, concepito da Steiner e da lui messo in scena insieme a Vincenzo Cascone.

Incontriamo Marco Steiner in una vineria nei pressi di Campo di Fiori a Roma e subito il racconto, appassionato e vivido nei ricordi, ci avvolge. Perché il sogno fattosi realtà del premio Salgari lo riporta al sogno dell’infanzia e alla preistoria della sua nuova genesi, al suo preludio, all’incontro con Pratt mentre esercitava tutt’altra professione. “Sono entrato davvero in confidenza con Hugo Pratt quando abbiamo cominciato a parlare di viaggi, di cinema e di libri già letti. Vale a dire, com’è ovvio, tutto il panorama della letteratura dei mari del sud, da Stevenson a Conrad, passando per London, Melville, Curwood e anche Zane Grey, Henry De Vere Stacpoole. Conrad è invece la mia passione. Cuore di tenebra mi ha insegnato quell’avventura che, spingendosi verso zone geografiche remote, entra fino all’interno della terra. E con essa all’interno dell’uomo, delle particolarità dell’uomo, delle possibilità infinite che l’uomo ha di diventare un gentiluomo oppure un bastardo”.

A sua volta, un artista affiliato alla massoneria come Pratt nella ricerca del metafisico e dell’esoterico nella leggerezza ha indirettamente indirizzato Steiner “alla ricerca della cosa più impossibile da trovare per mezzo di reportage storico-giornalistico-letterari”. Cercando di farlo anche lui nella leggerezza. “Divertiamoci seriamente, mi diceva sempre Hugo Pratt. Forse il suo insegnamento più bello”.

E veniamo così a Oltremare, il suo ultimo romanzo dove si viaggia, in leggerezza e profondità (in senso letterale e figurato), da Venezia alla Cambogia, passando per la Grecia e la Sicilia. Gli faccio presente che in Oltremare più si va fisicamente avanti (nel viaggio come nella lettura), più si aprono porte di tipo spirituale, politico, archeologico, antropologico, simbolico, in particolare nella seconda parte. Ovviamente tutti questi aspetti, pur distinti, sono legati. Come quello di usare l’avventura per un rilettura storica progressista e anticoloniale, in puro stile prattiano. Ovviamente si sono compiuti progressi, ma in realtà la battaglia anticoloniale ancora oggi non è finita, molta memoria storica del passato anche recente non è ancora chiarita oppure non ha ancora avuto la discussione pubblica che merita, come pure tanto dominio viene esercitato sui paesi poveri, con politiche che finiscono oltretutto per colpire anche classi povere e classi medie dei paesi ricchi.

Una delle questioni principali al centro dello scontro è certamente l’acqua. Tra gli elementi fondanti dell’opera prattiana, se non l’elemento fondante, l’acqua la ritroviamo in Oltremare. Con modalità complementari all’opera di Pratt e al tempo stesso inedite. L’acqua qui è avvolgente, ha qualcosa di uterino, proprio come in Pratt dove apre e chiude Una ballata del mare salato, romanzo a fumetti che vede la nascita di Corto Maltese e che nel luglio di quest’anno ha festeggiato i primi cinquant’anni: “Io sono l’oceano Pacifico e sono il più grande”. Oltremare da parte sua esprime qualcosa di altrettanto prossimo all’inconscio, all’arcaico, all’ancestrale, miscelato a un’esigenza di emancipazione dal “giogo” coloniale, quello diretto di ieri e quello indiretto di oggi dal “giogo” dei poteri forti. Ma è altrettanto presente una simbologia particolare in certi momenti o con certi personaggi perché è anche un dialogo sulla morte. Si torna all’acqua in quanto elemento vitale e tutto si dissolve nell’elemento acquatico che sembra equivalere all’elemento amniotico. Oblio e risveglio, nascita e morte, si equivalgono.

Terra e acqua
“Il titolo Oltremare cerca di esprimere proprio questo. In effetti c’è anche una connotazione del tipo di acque. Diciamo che il libro, anzi i due libri partono dal Mediterraneo. Il Mediterraneo come culla dei popoli, della civiltà”, spiega Steiner. “È un concetto uterino di genesi di tantissime culture che avevano spessissimo, se non sempre, uno scambio tra loro. Invece l’acqua è qui molto più sinonimo di passaggio, drammi, fughe. C’è un personaggio che parla di andare oltre il mare, ma aggiunge che quando si nasce o si rinasce c’è sempre di mezzo una donna. Quindi il mare è un concetto uterino e, andando in profondità, è il concetto superiore al quale è dedicato questo libro”.

L’acqua è presente fin dall’inizio, da Venezia, spiega Steiner, e continua con la risalita del protagonista lungo il fiume Mekong , una sorta di polmone per quella regione storico-geografica che è l’Indocina. “L’economia, la felicità, la sopravvivenza dei popoli indocinesi, ieri come oggi sono determinate dai flussi bilancianti e armonici tra laghi interni, fiumi e mare. Dal fatto che a volte debordano e danno il riso, quindi cibo per un milione di persone, e altre volte invece si richiudono e danno il lavoro. Diciamo che tutta questa dinamica liquida fa parte dello spirito della storia: l’acqua sfugge, l’acqua si adegua, trasforma le cose. Può assumere diversi andamenti: un fiume in una grande discesa si muta in torrente impetuoso. Altre volte invece circonda, lambisce le terre. E le accarezza anche. E il movimento liquido che fa sicuramente parte della vita del marinaio, fa parte della nostra stessa vita”.

Tutto questo ha molto a che fare con la genesi del personaggio di Corto Maltese. “L’acqua divide le terre ma le collega anche. Basta avere il veliero giusto, basta avere il comandante che ti porta nella direzione giusta”, continua lo scrittore. “Ma la direzione giusta non è detto che sia quella stabilita in partenza. Questa casualità, questa potenzialità è una delle cose che mi collegano, andando molto indietro, al mio pseudonimo. Steiner viene da Steinbeck, dal discorso meraviglioso che Steinbeck fa ne La valle dell’Eden dove si parla della parola timshel, una parola ebraica. Cosa vuol dire? È una parola biblica che sostanzialmente significa la possibilità per l’uomo di scegliere. Potenzialità. Ancora una volta mi viene in mente un concetto assolutamente straniante. La grandissima potenzialità che ha la donna di generare un figlio, di poter generare qualunque cosa. Con lo stesso gesto d’amore può nascere un farabutto, un re o un gentiluomo di fortuna. Penso per esempio a quella leggenda maori che parla del fatto che la vera divinità è femminile proprio per questa sua capacità generante. Questa capacità generante della donna la pone al di sopra di tutti”.

E con questa equazione tra donna-acqua e (madre) Terra, la genesi di Marco Steiner trova così la chiusura del cerchio.

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