13 giugno 2020 15:01

Clap! Clap!, Liquid portraits
Nel nuovo disco di Clap! Clap! ci sono suoni che sembrano usciti fuori dall’Africa profonda, e invece vengono dal sud Italia. Il musicista fiorentino, al secolo Cristiano Crisci, è arrivato all’elettronica dopo una formazione jazz-punk e ha sempre la capacità di lavorare su campionamenti e registrazioni sul campo (quasi sempre fatte da lui) con un’originalità e una cura non comune. Prende frammenti sonori e gli fa fare percorsi mai banali.

Il suo nuovo disco, Liquid portraits, prosegue questo percorso, ispirato dal tema del ricordo e da viaggi e incontri fatti nel sud Italia, in Giappone e in Marocco. Da un punto di vista ritmico è un lavoro meno furioso del suo disco d’esordio, Tayi Bebba, e prosegue una direzione già accennata nel precedente A thousand skies. Liquid portraits ha un suono caldo, dove accanto agli strumenti elettronici spiccano quelli più “tradizionali”, come il pianoforte dell’iniziale Desert stone o il flauto di Rising fire, un brano dal sapore nordafricano.

Uno dei pezzi che rappresentano forse meglio l’anima di questo disco è proprio l’ultimo, Liquid portraits. E conviene farselo raccontare dallo stesso Clap! Clap!: “Questo brano parte da una registrazione fatta nel 1952 a Ferrandina, in provincia di Matera, dall’etnomusicologo Diego Carpitella durante una processione religiosa che si chiama La Madonna della Canestrella. È la registrazione di un coro di bambini. Ci ho suonato sopra le mie percussioni e le registrazioni sul campo che ho fatto in giro per il mondo. Con me ha suonato Piero Spitilli, che ha fatto il giro di contrabbasso. È un brano molto minimale”, ha raccontato il musicista. Quello che Clap! Clap! non dice è che Liquid portraits è una piccola gemma di poesia musicale, a cavallo tra elettronica e jazz, la cui melodia a tratti fa pensare al classico My favourite things.

Liquid portraits conferma Clap! Clap! come uno dei musicisti più originali della musica elettronica italiana, un genere che, come detto più volte, ci rappresenta molto bene all’estero. Del resto Paul Simon è un suo fan e l’ha scelto come collaboratore per il suo disco Stranger to stranger. Lui se ne intende.

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Fontaines D.C., A hero’s death
“Life ain’t always empty”, la vita non è sempre vuota. In teoria è un messaggio positivo. Ma il modo in cui Grian Chatten, il cantante degli irlandesi Fontaines D.C., ripete questo verso è tutt’altro che rassicurante.

Con Dogrel nel 2019 la band ha dimostrato di muoversi bene sulle ceneri del post punk britannico (un po’ come gli Shame e gli Idles), ma ha dimostrato anche una discreta originalità. Molto del merito va dato alla voce strascicata di Chatten, che te ne ricorda tante altre ma alla fine nessuna di preciso. E poi in questo video c’è Aidan Gillen, il Petyr Baelish del Trono di spade, ma soprattutto il sindaco Carcetti di The wire.

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Gorillaz, Friday 13th (feat. Octavian)
Prosegue Song machine, una serie di singoli collaborativi che i Gorillaz pubblicano un po’ alla volta, liberi dal contenitore dell’album. Stavolta l’ospite è un altro rapper britannico, Octavian. Quello di Party here. E Damon Albarn, da sempre attento a dialogare con la scena hip hop britannica e statunitense, gli lascia parecchio spazio.

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Phoebe Bridgers, Kyoto
Non ho ancora ascoltato Punisher, il nuovo disco della cantautrice losangelina Phoebe Bridgers in uscita il 19 giugno, ma le prime recensioni della stampa straniera sembrano entusiaste. Questo pezzo in effetti non è male. Curioso per il resto.

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Liam Gallagher, Stand by me
Un classicone degli Oasis suonato in acustico dal più giovane dei fratelli Gallagher. Il suo Mtv unplugged , registrato qualche mese fa alla Hull City Hall di Londra, è un bel concentrato di brani solisti e repertorio degli Oasis. Materiale per fan, ma ben confezionato.

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P.S. Playlist Spotify aggiornata, buon ascolto!

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