30 novembre 2018 13:31

Le Monde non ha usato mezze misure. In un editoriale intitolato “Una bomba a scoppio ritardato” ha scritto: “Il 6 agosto 1945, con il lancio della bomba atomica su Hiroshima, l’umanità si rese conto che aveva a disposizione la capacità di autodistruggersi. Il fatto che questa minaccia fosse identificata, ci permise di imparare a controllarla facendo emergere una coscienza mondiale grazie a cui, da tre quarti di secolo, siamo riusciti a evitare l’apocalisse. Oggi un pericolo altrettanto grande mette a rischio il pianeta: il cambiamento climatico”. L’editoriale è uscito il 20 novembre, quando è stato reso noto un nuovo studio pubblicato dalla rivista Nature Climate Change.

Una ventina di ricercatori di tutto il mondo ha dimostrato il grado di vulnerabilità dell’umanità di fronte al rischio climatico. Sono stati registrati tutti i modi (gli scienziati ne hanno individuati 467) in cui già oggi le nostre vite sono colpite: salute, alimentazione, accesso all’acqua, economia, infrastrutture, sicurezza.
C’è una certa circolarità negli studi e negli articoli sul cambiamento climatico.
Ogni due o tre mesi esce una nuova ricerca, che ogni volta arriva a conclusioni catastrofiche e raccomanda interventi urgenti. Ogni volta questi interventi urgenti sono ignorati: tutti si preoccupano un po’, poi l’attenzione cala fino alla nuova ricerca. Ma il problema è politico.

Sulla rivista statunitense Jacobin, Alyssa Battistoni commenta che “perfino il più moderato degli scienziati (non degli economisti!) ti dirà che per fermare la catastrofe climatica bisogna ripensare l’economia globale e ridistribuire la ricchezza del pianeta”. Battistoni fa alcune proposte da cui cominciare: il passaggio rapido all’energia pulita, la riduzione delle emissioni grazie anche a trasporti pubblici gratuiti per tutti, più incentivi ai lavori basati sulla cura delle persone e del pianeta. Appunti per una sinistra da ricostruire.

Questo articolo è uscito il 30 novembre 2018 nel numero 1284 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero| Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it