19 luglio 2015 15:53

Fabio Stassi, Fumisteria
Sellerio, 168 pagine, 12 euro

Si parla molto di fumo in questo romanzo che ha tra i suoi personaggi perfino un Perelà, ma i cui meriti stanno altrove e che non è un superficiale gioco letterario, anche se l’autore ne è tentato. È l’opera prima (del 2006) di uno scrittore romano di origine siciliana che dalla storia e dalla cultura dell’isola ruba l’ispirazione. La storia ruota intorno a uno dei fatti più significativi e minacciosi del nostro dopoguerra: nel 1947 a Portella della Ginestra (Piana degli Albanesi) il bandito Giuliano con i suoi fece – su mandato mafioso e politico – una strage tra i contadini che erano radunati lì per festeggiare di nuovo il primo maggio, dopo la caduta del fascismo.

Un narratore che, si dice, è affetto da balbuzie racconta di un laido avvocato, della sua moglie inquieta e di un giovane tornato dal nord che aderisce al Partito comunista ma poi se ne distacca, in una città facilmente riconoscibile come Palermo. Il giovane viene brutalmente ammazzato. Delitto d’onore? Sembra di sì, secondo le vecchie scuse del cherchez la femme che si nascondevano dietro a ogni delitto politico, ma sapremo alla fine che d’altro si tratta, e si torna a parlare di Portella.

Fumisteria è un romanzo teso, rapido, ricco, che si rilegge provando anche oggi emozione e diletto e perdonandogli volentieri l’abuso di acutezze. Ma la strada di Stassi sarà segnata dal suo secondo libro, L’ultimo ballo di Charlot.

Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2015 a pagina 82 di Internazionale, con il titolo “Le solite vecchie scuse”. Compra questo numero | Abbonati

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