17 febbraio 2016 13:56

Il filo di rasoio su cui si muove l’ultimo film di Atom Egoyan, armeno-canadese dotato e rigoroso, è quello tra il film di suspense intrigante e coinvolgente e la riflessione su temi rilevantissimi come la shoah e i paradossi della memoria. Coniugare le due cose non era facile, ma Egoyan ci è egregiamente riuscito.

Di fatto, il suo film Remember racconta del dovere di ricordare che, come sappiamo, può anche diventare pressione identitaria usabile in più direzioni. Penso in particolare alla storia della ex Jugoslavia, malata di troppa memoria, e dunque incrocio di troppe frustrazioni con la conseguenza di spinte vendicative verso nuove ingiustizie. E penso alla storia nostra, italiana, dove si direbbe che si legittimi come una sorta di dovere quello di non ricordare il passato, anche quello recente.

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Si parla in genere di memoria secondo strade prefissate, prevedibili, oscillando tra la memoria necessaria anzi indispensabile e la memoria che condiziona e che lega, e che può legittimare l’assassinio come vendetta. Troppo poca memoria è viltà, ma troppa può giustificare il peggio, diventarne l’alibi. Per di più, la memoria è arrangiabile, addomesticabile, strumentalizzabile, manipolabile. È perfino inevitabile.

In un decoroso ospizio di vecchi ebrei, Max spinge l’amico Zev, malato di Alzheimer e con molta confusione in testa, a vendicarsi dell’aguzzino che ad Auschwitz ha avuto un ruolo di primo piano nello sterminio delle loro famiglie. È ancora vivo, proprio negli Stati Uniti o in Canada, ed è rintracciabile e raggiungibile, anche se le persone sospettabili di essere lui sono più d’una. Max è in carrozzella, Zev no, e deve essere lui a cercare di individuare e ammazzare il nazista, nonostante la finta identità che lo nasconde. La sofferta peregrinazione di Zev è il film, che mostra più situazioni e personaggi inquietanti ma che non sono il personaggio ricercato, e infine uno scontro finale: una rivelazione inaspettata, che cambia tutto.

In realtà, prima ancora che un film serio e acuto sui dilemmi del ricordare e i paradossi della vendetta tra vecchi certamente diversi dai giovani che sono stati e sugli scherzi della storia, Remember è una prova di abilità e di maestria. La sceneggiatura di Benjamin August non fa una piega, e la regia non è da meno, è degna dei migliori film di Hitchcock, i molti che sapevano esercitare sullo spettatore una fascinazione morbosa. Accompagna la vicenda, anche qui come in Hitchcock, una musica allusiva, coinvolgente, avvolgente (di Mychael Danna). Remember è dunque un film “classico”, come quasi nessun regista sa ancora fare mentre i pochi che potrebbero si guardano dal fare per non sembrare antiquati. Unire alla partecipazione emotiva quella intellettuale era un segreto del miglior cinema di ieri che il cinema di oggi riesce a ritrovare raramente.

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