04 febbraio 2015 10:36

Secondo uno studio condotto nel Regno Unito dal professor David Voas dell’università di Essex, il 54 per cento dei maschi britannici tra i 40 e i 49 anni è agnostico o ateo, ma la percentuale scende al 34 per cento tra le donne della stessa età.

La differenza tra i generi è risultata ancor più netta quando le novemila persone intervistate hanno risposto alla domanda sulla vita dopo la morte. Solo il 35 per cento degli uomini ha dichiarato di credere in una forma di aldilà, contro il 60 per cento delle donne. Stiamo parlando di una differenza abissale (un rapporto di quasi due a uno) tra persone con un retroterra molto simile. Strano, no?

Un commentatore saggio probabilmente si asterrebbe dall’esprimere la sua opinione su un argomento così delicato. Molto meglio lasciar perdere e occuparsi d’altro. Questo spiega perché io non avessi mai sentito parlare della differenza di genere nella credenza religiosa, nonostante in seguito abbia scoperto che i sociologi conoscono da tempo questo fenomeno.

In realtà esiste una fervente nicchia accademica che si dedica allo studio di questa differenza nelle convinzioni religiose. Secondo una teoria gli uomini sono più portati a correre rischi. Tutti tranne Blaise Pascal, la cui celebre “scommessa” consigliava di credere all’esistenza di Dio per risparmiarci l’inferno e la tortura eterna, dato che credendo il contrario non si perderebbe poi più di tanto. Quella fu una svolta nella teoria delle probabilità.

Secondo un’altra teoria gli uomini con punteggi relativamente alti nella scala dell’autismo hanno più probabilità di essere atei o agnostici. Ma questo non ci porta lontano, perché la stragrande maggioranza degli uomini non soffre di autismo e ciononostante la maggior parte degli uomini britannici non crede in Dio.

Queste teorie si concentrano esclusivamente sui maschi. Alcuni dei suddetti sociologi analizzano anche gli aspetti del carattere “femminile” alla ricerca di una spiegazione per la disparità, ma questo è un campo minato in cui non ho intenzione di avventurarmi, almeno per oggi. Invece vorrei andare oltre le statistiche del professor Voas sui maschi britannici e verificare se le stesse differenze emergono in altre culture e altri continenti.

Negli Stati Uniti la fede in Dio è molto più diffusa, anche se in netto calo. Secondo un sondaggio condotto nel 2009, l’82 per cento degli statunitensi non aveva mai messo in dubbio l’esistenza di Dio. Lo stesso sondaggio, ripetuto nel 2014, ha dimostrato che la percentuale era calata al 74 per cento. Questo dipende quasi interamente dal crollo della fede tra i giovani americani: un sondaggio condotto nel 2007 da Pew sui “millennial” (i giovani nati dopo il 1982) ha stabilito che i credenti erano l’83 per cento. Nel 2012 erano scesi al 68 per cento.

La differenza tra i generi esiste anche negli Stati Uniti, anche se è meno marcata: il 77 per cento delle donne statunitensi esprime assoluta fede in un Dio o in uno spirito universale, un parere condiviso solo dal 65 per cento dei loro connazionali maschi. Il divario esiste in tutti i paesi sviluppati, anche se emergono interessanti variazioni nelle proporzioni tra un paese e l’altro.

Nell’ex Germania Ovest, dove il 48 per cento della popolazione crede in Dio, la differenza tra uomini e donne è dell’8 per cento. Nell’ex Germania Est, culla della riforma protestante dove quarant’anni di comunismo hanno allentato la presa delle cristianità sulla popolazione, solo il 16 per cento crede in Dio, ma il divario tra uomini e donne è inferiore al 3 per cento.

Il 58 per cento dei russi crede in Dio, e il divario tra donne e uomini è simile a quello registrato nel Regno Unito: 25 per cento. In Turchia, paese musulmano relativamente sviluppato dove la popolazione credente rappresenta quasi il 95 per cento, non esiste alcuna differenza tra uomini e donne.

Cosa possiamo concludere da tutto questo? Innanzitutto che le decisioni di questo tipo non dipendono esclusivamente da fattori razionali. Così come la maggioranza dei credenti non sceglie una religione (che deriva invece dal contesto), ogni cambiamento successivo nel credo scaturisce probabilmente dalle circostanze personali piuttosto che da una scelta consapevole. Basti pensare alla differenza tra le due Germanie.

Ma cosa distingue le circostanze personali degli uomini da quelle delle donne, tanto da far emergere una differenza così netta? Naturalmente la risposta varia da un paese all’altro, ma resta il fatto che le donne vivono quasi sempre in una posizione economica svantaggiosa.

Se hai meno controllo sulla tua vita, allora credere in un Dio onnipotente che alla fine cancella tutte le ingiustizie è una prospettiva molto allettante. In questo senso la differenza di genere nelle credenze religiose non è intellettuale né emotiva. È semplicemente pragmatica.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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