È facile immaginare Vladimir Putin che, dopo essere entrato in un negozio con l’insegna “Svezia”, finge di distruggere alcune preziose porcellane per errore, e poi borbotta: “Avete un bel negozietto. Sarebbe davvero un peccato se gli succedesse qualcosa”. Ma la Svezia non è un negozio di ceramiche, Putin non è un capo mafioso, e quel che sta accadendo nel Baltico non è racket.
Il presidente russo ha reagito in modo convulso alla volontà della Finlandia e della Svezia, due paesi dalla neutralità di lungo corso (quasi ottant’anni per la Finlandia, oltre duecento per la Svezia), di aderire alla Nato: esattamente la “minaccia” che Putin sosteneva di voler tenere lontano dai confini russi. La Finlandia condivide infatti una frontiera lunga 1.300 chilometri con il nord della Russia.
La risposta svedese e finlandese all’invasione dell’Ucraina sembra aver sorpreso Putin. Il presidente russo non vede alcun legame tra l’invasione di un ex possedimento imperiale, che andava rimesso in riga, e due paesi indipendenti che non sono più nella sfera d’influenza della Russia da più di un secolo. Ma per la Svezia e la Finlandia, entrare nella Nato è stata una scelta logica.
Un vicino che prima consideravano pericoloso ma razionale si è improvvisamente rivelato uno scommettitore aggressivo e probabilmente irrazionale. Nessun capo di stato russo completamente sano di mente e competente avrebbe attaccato l’Ucraina con le truppe inadeguate e la strategia arrogante e pressappochista impiegata da Putin.
Soldati di cartapesta
Si poteva pensare che l’incapacità dimostrata da Putin fosse rassicurante per svedesi e finlandesi, ma così non è stato. Al contrario li spaventa, perché sotto il profilo militare si trovano in una situazione molto simile a quella dell’Ucraina: paesi relativamente piccoli (la Svezia ha dieci milioni di abitanti, la Finlandia cinque) con ottime forze militari.
Posso testimoniare questo aspetto personalmente, perché mentre realizzavo un documentario sulla neutralità ho trascorso del tempo nel mar Baltico, con le navi veloci d’attacco svedesi al largo di Karlskrona e con i riservisti finlandesi nel corso di esercitazioni tra Lappeenranta e il confine russo. Basta un po’ di esperienza e uno sguardo da vicino per capire quale esercito fa davvero sul serio e quale è composto da soldati di cartapesta. Queste persone sanno cosa stanno facendo e lo fanno con grande efficienza. Darebbero una grande prova della loro forza se mai i loro paesi dovessero essere invasi.
Le strumentazioni militari dei due paesi in una guerra convenzionale sarebbero irrilevanti se si trovassero di fronte alla minaccia nucleare
Potrebbero perfino essere in grado di bloccare del tutto i russi (e nessun altro è in una condizione d’invaderli). Per questo gli svedesi avevano scelto la neutralità: capivano di essere più al sicuro così. Nell’eventualità di una guerra scoppiata tra molti paesi, si sarebbero trovati in una posizione poco strategica: invaderli sarebbe stata un’impresa molto costosa. E per questo è probabile che le principali forze belligeranti li avrebbero lasciati in pace.
I finlandesi si sono visti attribuire d’ufficio il loro status di neutralità direttamente dall’Unione Sovietica, dopo la seconda guerra mondiale. Avevano ceduto un sacco di territorio ai russi, ma avevano resistito abbastanza da far sì che Mosca gli permettesse di rimanere neutrali, invece di ridurli allo status di paese satellite.
E allora perché entrambi i paesi hanno deciso di entrare nella Nato? Sono ancora abbastanza forti da poter fermare la Russia da soli, anche nell’ipotesi in cui Mosca decidesse di entrare in guerra con la Nato. E perché i russi attaccherebbero proprio loro due, e nessun altro? Rimanendo neutrali, anche nel peggior scenario possibile, è probabile che i russi li avrebbero ignorati.
La deterrenza
Questo ragionamento è rimasto valido fino al 24 febbraio 2022, quando all’improvviso ha smesso di esserlo. Putin ha invaso l’Ucraina, probabilmente cogliendo di sorpresa anche chi gli sta intorno, e dall’inizio ha cominciato a lanciare minacce velate relative all’uso di armi nucleari, qualora fosse stato necessario. L’attacco russo in Ucraina si è impantanato quasi subito, come era destino che accadesse, a meno che l’esercito ucraino non si fosse rivelato del tutto inutile. Troppo poche le truppe russe, troppe le linee d’attacco. E le allusioni di Mosca al ricorso alle armi nucleari per evitare una sconfitta convenzionale si sono moltiplicate.
Si tratta di una prospettiva folle, e tutte le capacità e le strumentazioni militari che i due paesi potrebbero mettere in campo in una guerra convenzionale sarebbero irrilevanti se si trovassero loro stessi di fronte alla minaccia nucleare. L’unica risposta efficace a una minaccia di questo tipo è una promessa credibile di ritorsione nucleare. La Svezia e la Finlandia non hanno armi nucleari e l’unico modo per disporre di un deterrente nucleare che garantisca la loro sicurezza è entrare nella Nato. Ed è quello che stanno facendo.
Gli svedesi continuano a non amare le armi nucleari e la prima ministra Magdalena Andersson ha sottolineato che la Svezia non permetterà la presenza di truppe straniere o di armi nucleari all’interno dei suoi confini, ma l’accordo è fatto. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan chiede che i due paesi espellano alcuni attivisti curdi antiturchi come condizione per non mettere il veto sul loro ingresso, ma il problema alla fine sarà risolto. Ci vorranno mesi per svolgere le pratiche legali, ma in pratica i due paesi sono già coperti dalla garanzia nucleare della Nato.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Leggi anche:
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it