17 maggio 2022 13:48

I lupi non sono una specie straordinaria. Non sono né minacciosi né potenti come i leoni di montagna. Non sono grandi come molti altri predatori né altrettanto forti né particolarmente scaltri, né possiedono strumenti sofisticati o caratteristiche genetiche che li rendano straordinariamente pericolosi nel regno animale. La loro capacità di catturare prede preziose deriva dalla collaborazione con cui agiscono in branco.

Una volta presa di mira la preda, il branco prima si disperde, poi circonda la vittima: alcuni lupi arrivano di fronte, altri alle spalle. La caratteristica più temuta del branco di lupi è che non lavora da solo. Il lupo solitario, nel regno animale, non è potente; è debole. Il lupo, se agisce da solo, non è da temere. I lupi solitari non fanno stragi, perché semplicemente non sono in grado di farlo.

A quanto pare il 15 maggio il diciottenne Payton S. Gendron è andato a caccia in un supermercato dopo aver percorso più di trecento chilometri da casa sua. La polizia dice che era pesantemente armato, che indossava un equipaggiamento protettivo di tipo militare e che ha sparato e ucciso almeno dieci persone, ferendone altre tre. Quasi tutte le vittime erano nere; il supermercato si trova in una zona prevalentemente nera di Buffalo, nello stato di New York. Un manifesto che sarebbe stato scritto dallo stesso Gendron dimostra che si è trattato di un massacro razzista. Quasi immediatamente i funzionari di New York lo hanno descritto come un “vero e proprio crimine d’odio a sfondo razziale”.

L’ideologia e i mezzi
Quando scriviamo o pensiamo a questi crimini d’odio nel nostro paese, e quando li perseguiamo, tendiamo a concentrarci sul fatto se l’aggressore abbia agito da solo o meno. In questo caso sembra che Gendron non abbia avuto complici. Si tratterebbe di un presunto tiratore solitario o, nel gergo del nostro tempo, di un lupo solitario: un termine usato per differenziare il massacro da atti terroristici più sofisticati, messi in scena da formazioni come il gruppo Stato islamico, che di solito vedono la partecipazione di più persone e hanno una pianificazione più articolata.

Ma questa retorica del lupo solitario non facilita la nostra comprensione, in un’epoca in cui l’odio e la radicalizzazione agiscono ormai per procura al servizio di un branco collaborativo, di congiurati e di collusi. Gendron non era solo. La sua missione è stata efficace perché è stata sostenuta da un apparato che ha fornito l’ideologia e i mezzi per la sua caccia. In base alle prove contenute in un manifesto che avrebbe pubblicato la sera di giovedì 12 maggio, Gendron non si sentiva solo: aveva il suo seguito, che era con lui.

Il senso della dichiarazione di Biden è stato una sorta di denuncia pubblica della rete razzista

Per chiarire questo concetto, ha trasmesso in live streaming alcune delle sue azioni, un gesto performativo per un pubblico già esistente. Per sottolineare che le sue vittime erano mirate e non affatto casuali, Gendron ha scritto di aver scelto quello specifico supermercato Tops perché si trovava in un’area demografica che, secondo dati disponibili pubblicamente, è composta solo all’1 per cento da bianchi. E, per fugare ogni dubbio, ha scritto la “n-word” sulla canna della sua pistola, una parola perfettamente visibile nel filmato della sua sparatoria.

Le parole da sole non possono cambiare l’estremismo violento che si trova nella società americana di oggi, un fenomeno che il presidente Joe Biden ha definito “terrorismo interno alimentato dall’odio”, e che sfocia in simili tragedie. I social network dovrebbero essere ritenuti responsabili e le leggi sulle armi dovrebbero essere più restrittive, ma un linguaggio sbagliato tende ad assolvere il branco. Biden l’ha capito; con solo un breve cenno al colpevole – “dobbiamo saperne di più” – il senso della sua dichiarazione è stato una sorta di denuncia pubblica della rete razzista che è, anche se non legalmente responsabile, la vera colpevole. Mentre gli avvocati si arrovellano sulle accuse specifiche di crimine d’odio e sul significato di terrorismo, Biden ha giustamente usato il terrorismo nel suo senso meno legale: un razzista bianco ha dato la caccia a dei neri. Terrorismo.

La variante statunitense dell’odio
Il manifesto di Gendron è un’ode a una particolare variante dell’odio, sostenuta dai leader politici e dai mezzi d’informazione conservatori, chiamata teoria della sostituzione etnica. Prendendo spunto dalla paura degli estremisti europei nei confronti degli immigrati musulmani, la variante statunitense si è alimentata degli innegabili cambiamenti demografici. L’anno in cui Donald Trump è stato eletto presidente, il 2016, è stato anche il primo anno in cui l’ufficio del censimento degli Stati Uniti ha registrato che nel paese sono nati più bambini non bianchi che bianchi. Gli Stati Uniti non torneranno a essere un paese a maggioranza bianca.

In fondo, l’idea di una sostituzione etnica ha a che fare con la violenza, perché la nozione di spodestamento giustifica l’eliminazione delle parti responsabili di aver preso il tuo posto. È la loro stessa presenza a essere una minaccia, non le loro idee, la loro politica o le loro tendenze di voto. I leader politici e dell’informazione che diffondono queste idee riescono a minimizzare il loro operato, poiché sono capaci di negare di aver sostenuto ciò che in realtà stanno promuovendo. Il loro linguaggio può essere vago riguardo al luogo e al momento dell’uccisione, ma non è fuorviante. È terrorismo, eseguito dal branco.

Il manifesto stesso di Gendron sarà scandagliato alla ricerca di prove di ciò che ha motivato il suo gesto. Io stessa compaio nel manifesto, in un’immagine di conduttori e analisti della Cnn etichettati come ebrei. Ma l’odio di Gendron non è rivolto specificamente a me, così come è improbabile che si scopra qualcosa di particolarmente interessante su di lui. È probabile che scopriremo che, in realtà, non è poi così speciale. Fa solo parte di un branco.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul sito del mensile statunitense The Atlantic. Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede negli Stati Uniti. Ci si iscrive qui.

Leggi anche:

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it