27 gennaio 2020 15:45

Un Nicola Zingaretti di ottimo umore, un Matteo Salvini con la faccia lunga: sono immagini a cui non eravamo più abituati. Da due anni la marcia trionfale della Lega sembrava inarrestabile – dal 17 per cento alle elezioni politiche del marzo 2018 al 34 per cento alle europee del maggio – passando per le otto regioni strappate negli ultimi venti mesi al centrosinistra, fino a imporre il partito all’interno dell’alleanza di destra.

Neanche il fatto che Salvini si sia autocatapultato fuori dal governo con la crisi del Papeete nell’agosto 2019 ha fermato l’ascesa; infatti pochi mesi dopo ha trionfato in Umbria. Ma ora la corsa si è arrestata, e Salvini ha dovuto incassare una brutta sconfitta. Brutta perché lui stesso ha voluto trasformare il voto in Emilia-Romagna in un voto dalla valenza nazionale, in un referendum contro il governo guidato da Giuseppe Conte, in un plebiscito a suo favore.

Brutta perché il leader leghista ha gestito la campagna elettorale in prima persona, correndo infaticabile tra mercati, fabbriche, piazze e bar. Brutta perché ha giocato nella sua maniera spregiudicata, ricorrendo a colpi bassi come la citofonata a una famiglia di Bologna (“Da voi si spaccia?”) o la manifestazione a Bibbiano (“Usare la clava” sulla vicenda giudiziaria dei bambini in affido, dicevano le istruzioni interne), senza poi essere premiato dagli elettori come sperava.

Il ruolo delle sardine
La ricetta questa volta non ha funzionato per due motivi. Il primo è che il centrosinistra ha candidato, con Stefano Bonaccini, un governatore uscente popolare in una regione prospera, dai servizi pubblici decisamente sopra la media nazionale. Il secondo, probabilmente più importante, è che sono entrate in campo le sardine. Ricordiamoci: alle europee di otto mesi fa la Lega si era affermata nella regione come primo partito, e con Forza Italia e Fratelli d’Italia aveva un forte vantaggio sul centrosinistra. All’inizio della campagna elettorale a sinistra scorreva il pessimismo, nell’intimo molti erano convinti che si stava andando incontro all’ennesima sconfitta.

Sono stati Mattia Santori e compari a non volersi rassegnare a questa prospettiva, a convocare, con metodi decisamente artigianali, il primo appuntamento del movimento a Bologna, il 14 novembre 2019, per protestare contro la “politica dell’odio”, riunendo in piazza la bellezza di 12mila persone. Da allora le sardine non si sono più fermate, hanno chiamato a raccolta tanti elettori delusi, sfiduciati, impauriti dalla prospettiva di un Salvini trionfante. Se Nicola Zingaretti la sera del 26 gennaio ha voluto esprimere “un immenso grazie alle sardine” ne ha tutti i motivi. Sono stati loro a mobilitare l’elettorato di sinistra apparentemente in disarmo e a creare i presupposti del successo di Bonaccini che raggiunge, con il 51,4 per cento, un risultato migliore rispetto a cinque anni fa, con una partecipazione al voto schizzata dal 38 per cento del 2014 al 68 per cento.

Ha perso Salvini, ha vinto il centrosinistra dando respiro al governo Conte, ma non ha vinto la coalizione di governo. Infatti il Movimento 5 stelle ha preso una vera batosta, precipitando al 7 per cento in Calabria (alle elezioni politiche 2018 aveva toccato il 43 per cento) e al 3,5 per cento in Emilia-Romagna (alle politiche del 2018 aveva raccolto il 27 per cento). La spallata di Salvini contro il governo è fallita, ma ora l’esecutivo corre dei rischi provenienti dal suo interno, in primis dalla tenuta dei cinquestelle, divisi tra chi vorrebbe il movimento nel campo dei progressisti e chi vorrebbe vederlo come forza neutrale rispetto alla destra e alla sinistra.

Quindi sembra alquanto affrettata la conclusione che ora il governo ha tre anni davanti a sé. Rispetto alla disfatta dell’M5s la sconfitta di Salvini è ben poca cosa. Rimane il fatto che la Lega, e la destra, hanno vinto nove delle dieci ultime elezioni regionali, comprese quelle in Calabria, dove hanno potuto festeggiare – con il 56 per cento di Jole Santelli – un vero e proprio trionfo. Inoltre, bisogna considerare che anche in Emilia-Romagna l’elettorato di destra ha sostanzialmente tenuto. E infine che il successo del centrosinistra in quella regione al momento è un’eccezione, non la regola. Con Bonaccini, con Zingaretti, il Pd è tornato in campo, ma la partita rimane tutta da giocare.

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