16 agosto 2019 10:13

A quanto sembra, nel mondo dei siti di appuntamento, oggi c’è un’epidemia di uomini che chiedono specificamente rapporti “senza drammi”. “Capisco che in un rapporto le persone cerchino gioia, allegria e felicità”, scrive Laura Hilgers in un suo saggio per il New York Times su questo fenomeno. Ma gli uomini che usano questa espressione, dice, “vogliono qualcosa che non esiste: una relazione senza problemi con qualcuno che non ha nessuna esperienza della vita. Vorrebbero una donna che non è mai arrabbiata, spaventata o triste, che non si preoccupa mai della sua famiglia o del suo lavoro?”.

È difficile dirlo, perché “drammi” è un termine vago. È il degno successore di quelli che negli anni settanta si chiamavano “problemi”: un’etichetta abbastanza ampia da comprendere persone con seri disturbi della personalità – che è ragionevole voler evitare – ma anche chiunque esprima qualsiasi emozione umana diversa dall’ottimismo e dal buonumore.

Perciò, chiedendo l’assenza di “drammi”, si cerca di far passare la paura di emozioni complicate come semplice autodifesa. È ovvio che nessuno vuole conoscere persone con problemi (per essere chiari: se drammi significa abusi emotivi o fisici, bisognerebbe decisamente evitarli). Ma d’altra parte, prendendo in considerazione solo persone senza problemi, se troverete un rapporto soddisfacente sarete fortunati.

Infinite possibilità
Il motivo per cui un po’ capisco questi uomini che vogliono evitare i drammi, però, può essere riassunto in due parole: appuntamenti online. L’amore, come molte altre cose di oggi, promette infinite possibilità: se questo particolare incontro non funziona, esiste una miriade di altre fantastiche alternative. Questa promessa forse non è reale: può darsi che nessuna di quelle donne meravigliose che costituiscono l’alternativa sia disposta a uscire con voi.

Ma è questa convinzione che conta, e nel mondo online escludere la possibilità di essere coinvolti nei problemi emotivi di qualcun altro ha un suo senso, anche se un po’ arido. Perché scegliere un’esperienza complicata se è possibile averne una divertente? Certo, l’esperienza complicata alla fine potrebbe dimostrarsi più significativa, ma è sempre un grosso punto interrogativo. È una versione più blanda del caso in cui qualcuno sfiora la morte, per un incidente o una malattia, e poi dice che è stata l’esperienza più significativa della sua vita. D’accordo, ma comunque pochi di noi sceglierebbero quella strada se pensassero di poterla evitare.

Dieci o venti anni fa, non aveva importanza se non riuscivamo a gestire le emozioni negative degli altri

Il problema qui è lo scontro tra una verità senza tempo – cioè che quello che pensiamo di volere non è sempre la cosa migliore per noi – e una più moderna: il fatto che la “rivoluzione della comodità” rende così facile ottenere quello che pensiamo di volere. La comodità gioca brutti tiri: “Preferisco il caffè fatto con la macchinetta”, scrive l’accademico Tim Wu,”ma quello istantaneo di Starbucks è così comodo che non faccio quasi mai quello che ‘preferisco’”.

Dieci o venti anni fa, non aveva importanza se non riuscivamo a gestire le emozioni negative degli altri. Se volevamo un rapporto, dovevamo accettarle. Oggi, che ci vuole forza di volontà solo per uscire con un amico piuttosto che stare a casa a vedere un film su Netflix, quanta ce ne vuole per correre volontariamente il rischio di sentimenti complicati? Dovremmo comunque correrlo, perché è l’unico modo per avere un rapporto soddisfacente. Ma come tante altre cose che valgono la pena, è sempre più facile non farlo.

Da ascoltare
In una puntata del podcast This jungian life, tre psicanalisti junghiani parlano della difficoltà di scegliere un compagno o una compagna per la vita.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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