05 dicembre 2018 16:54

1. Cristina Meschia, Bella ciao delle mondine
“Alla mattina appena alzata nella risaia mi tocca andar”, nella variante “tra gli insetti e le zanzare”. In alternativa alla versione partigiana, ecco un canto novecentesco per addette alla raccolta del riso. È tornato il tempo di ricordare, e resistere. Cristina Meschia, cantante di Verbania, lo fa con arrangiamenti delicati e inattuali nel suo album Inverna, in cui rilegge canzoni lombarde, a cavallo tra folk e jazz, Jannacci e Nanni Svampa. L’effetto è spesso nostalgico, ma la protesta delle mondine sprigiona un’energia emotiva che fa breccia.

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2. Riccardo Ceres, Vado a Milano
Talmente sud straccione che non si può permettere l’autostrada e le centomila lire del pieno. E dunque rabbie comprensibili, ragazze della pompa di benzina come sirene e strade di strapaese. A Riccardo Ceres con l’album Spaghetti southern, registrato a Napoli, riesce di galoppare sui luoghi comuni come Tex sul destriero nell’Arizona sognato da Aurelio Galleppini, a disegnare un terrone epico. Fa il filo a Tom Waits, o a Serge Gainsbourg, ma la metrica è italiana, lo spaghetto al dente, lo spirito Randy Newman e il risultato per nulla da disdegnare.

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3. Dutch Nazari, Guarda mamma senza money
“Per avere mezza pensione bisognerà prenotare un hotel con cena e colazione”? In attesa di recuperare Max Pezzali tra i nostri pensatori di riferimento, questo suo epigono padovano classe 1989 in odor di “cantautorap”, che si batte sulla scrittura con i poeti locali e nella vita con le ristrettezze pecuniarie. Titola l’album alla Moscovici, Ce lo chiede l’Europa, con foto di copertina scattata in una Bruxelles brutalista. E in controluce si coglie quel disorientamento che sfocia in sentimento antieuropeista, se non sovranista.

Il singolo dell’album Ce lo chiede l’Europa

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Questo articolo è uscito il 30 novembre 2018 nel numero 1284 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero| Abbonati

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