02 ottobre 2020 10:03

Mentre in Europa e altrove si affronta la seconda ondata del covid-19, c’è un paese fortunato la cui popolazione va in vacanza per otto giorni e viene invitata dal governo a viaggiare liberamente, tanto che in settimana si prevedono 600 milioni di persone in movimento all’interno dei confini. Di sicuro avrete riconosciuto questo paese: è la Cina.

Si tratta di un paradosso evidente, perché è proprio in Cina che tutto ha avuto inizio, per la precisione a Wuhan, con una menzogna sulla pericolosità del virus e soprattutto sul contagio tra esseri umani. Ora, però, la Cina ha sconfitto il virus ed è tornata a vivere, con grandi precauzioni ma abbastanza normalmente da poter rilanciare l’economia.

La “settimana d’oro” del 1 ottobre, la festa nazionale cinese, è uno dei momenti chiave dell’anno. Nel 2020 non ci saranno viaggi all’estero, dunque è privilegiato il turismo interno. I numeri previsti nelle regioni più visitate sono astronomici, come sempre in Cina, e tutto è orchestrato da un regime che ha trasformato una debolezza iniziale in uno strumento di propaganda.

La nuova “guerra del popolo”
I regimi autoritari si definiscono tali perché non esitano a fare uso di un’autorità a cui nessuno può opporsi. Questo controllo sociale assoluto è evidentemente uno degli strumenti migliori per fermare la propagazione di un virus, soprattutto se si può fare affidamento su una buona dose di tecnologia di sorveglianza.

Nella propaganda ufficiale cinese, che il 1 ottobre ha festeggiato il settantunesimo anniversario della presa del potere di Mao, quella contro il virus diventa una “guerra del popolo” vinta grazie alla “leadership potente del Comitato centrale del partito comunista cinese, con al centro Xi Jinping”. Il risultato è che l’ondata di indignazione che aveva accompagnato la morte del dottor Li Wenliang, tra i primi a lanciare l’allarme a Wuhan, si è trasformata in orgoglio quando le immagini del resto del mondo, soprattutto degli Stati Uniti, hanno mostrato una gestione caotica della pandemia.

Pechino cerca di cambiare il suo modello economico dopo tre decenni in cui ha fatto affidamento sulle esportazioni

Anche se la Cina è criticata aspramente all’estero per il suo atteggiamento durante la crisi e per altri motivi, non bisogna sottovalutare il modo in cui Pechino ha saputo ribaltare la situazione a beneficio dei suoi leader sul fronte interno.

Ma la verità è che in Cina non tutto va a gonfie vele, ed è questo il senso dell’incoraggiamento rivolto dal governo in vista della settimana di vacanza. Pechino cerca di cambiare il suo modello economico dopo tre decenni in cui ha fatto affidamento sulle esportazioni.

Questo modello si è indebolito per diversi motivi, tra cui la pandemia. Di conseguenza il governo cerca di stimolare il consumo interno, ben più debole rispetto ai paesi sviluppati nella struttura del prodotto interno lordo, e di sviluppare un’economia meno dipendente dai mercati internazionali.

Questo periodo di cambiamento è sicuramente pericoloso per Xi e il suo potere assoluto.

Spingendo i cinesi ad andare in vacanza, Xi punta a un doppio risultato: stimolare l’economia e rafforzare nei cinesi la sensazione di aver superato la pandemia meglio del resto del mondo. Alla fine potrebbe essere un’illusione, ma è il prezzo da pagare per la pace sociale in Cina.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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