07 giugno 2021 09:59

L’accordo storico sulla tassazione delle multinazionali raggiunto la sera del 5 giugno dai ministri delle finanze del G7 potrebbe avere conseguenze considerevoli in Europa e segnare l’inizio della fine delle grandi discrepanze tra i paesi dell’Unione in assenza di un’armonizzazione fiscale.

Istituendo per la prima volta un’aliquota minima del 15 per cento per i redditi delle multinazionali, l’accordo assesterà un colpo al dumping fiscale praticato da alcuni stati per attirare le sedi regionali delle grandi aziende, soprattutto statunitensi.

L’Irlanda, per citare un esempio, ha offerto tassazioni ridicole ai giganti del digitale – i Gafa (Google, Amazon, Facebook, Apple) e altri – permettendo un’enorme evasione fiscale. L’accordo proposto da Joe Biden e approvato dal G7 impone un’aliquota minima nei paesi dove viene creato il valore e non in quelli dove viene fissata la sede regionale. Se l’accordo diventerà legge, il modello che ha permesso il successo irlandese perderà buona parte della sua attrattiva.

Ricambiare il favore
L’Irlanda aveva reagito contrariata all’annuncio di Biden. Negli ultimi giorni però ha smorzato le critiche. Ciò non toglie che bisognerà passare da una battaglia di posizioni per trovare l’unanimità necessaria tra i 27 a raggiungere un accordo.

Alla vigilia del G7 un alto funzionario europeo mi ha confidato che bisognerà esercitare “amichevoli pressioni” sul governo irlandese. Di sicuro si farà riferimento al sostegno dato a Dublino nel negoziato sulla frontiera tra le due Irlande nell’ambito dell’accordo sulla Brexit con il Regno Unito, e di nuovo, più recentemente, quando l’accordo sull’Irlanda del Nord è stato messo a dura prova. Ora Dublino è chiamata a ricambiare il favore.

Alcune operazioni che sembrano incredibili sono giustificate parlando di “ottimizzazione fiscale”

A conti fatti la posizione di Dublino è difficilmente difendibile. La settimana scorsa il quotidiano britannico The Guardian ha rivelato che una filiale della Microsoft con sede alle Bermuda, incaricata di incassare i diritti sui software dell’azienda creata da Bill Gates, aveva generato profitti per 315 miliardi di dollari ma non aveva pagato imposte appoggiandosi all’Irlanda.

Sembra inverosimile, ma è un procedimento perfettamente legale grazie a quella che con un eufemismo viene definita “ottimizzazione fiscale”. Con il nuovo accordo diventerà una pratica impossibile.

Perché l’intesa è arrivata proprio in questo momento? Il vento è cambiato. L’iniziativa è arrivata da Biden, consapevole del fatto che l’elezione di Donald Trump nel 2016 era stata il segno di una rivolta contro il capitalismo antietico e generatore di disuguaglianza. Il paradosso è che Trump non solo era contrario alla riforma, ma aveva punito la Francia e gli altri paesi che avevano anticipato i tempi applicando una “tassa Gafa” ben più modesta.

Biden parla di una “politica estera per la classe media”, una formula vagamente demagogica che sostanzialmente dichiara che gli statunitensi dovranno notare i benefici dell’azione statale. È la posizione assunta negli ultimi anni da molti europei, che però si erano scontrati contro un muro e non avevano il peso sufficiente per portare avanti la causa.

Il cammino è ancora lungo prima di arrivare a un accordo finale al G20, all’Ocse e tra gli europei. Ma se si riuscirà a raggiungerlo, anche con un’aliquota che alcuni giudicano troppo bassa, l’accordo cambierà radicalmente la situazione, soprattutto tra gli europei.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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