16 giugno 2021 09:50

L’unica certezza è che il vertice Biden-Putin sarà l’antitesi del primo incontro tra il presidente russo e Donald Trump nel 2018, a Helsinki. L’unico punto in comune sarà la neutralità della sede, Ginevra oggi, la capitale finlandese allora. Ma per il resto lo spettacolo di un presidente americano palesemente dominato dal padrone del Cremlino ha traumatizzato Washington, e Biden è ben cosciente della trappola.

È il presidente degli Stati Uniti ad aver voluto fortemente l’incontro, e questo è di per sé un elemento importante. Biden non ha misurato le parole nei confronti di Putin dopo il suo arrivo alla Casa Bianca – ricordiamo che lo ha addirittura definito “un assassino” – ma al contempo ha voluto rapidamente organizzare questo primo vertice russo-americano.

Per contrasto, al momento non è previsto alcun incontro con la Cina, principale rivale degli Stati Uniti, soprattutto dopo il contatto estremamente teso dello scorso marzo in Alaska, tra il segretario di stato Anthony Blinken e il responsabile cinese per gli affari internazionali Yang Jiechi. Da allora Washington ha accentuato la pressione su Pechino, in tutti gli ambiti.

La differenza di trattamento tra Russia e Cina è legata in parte al fatto che tra Stati Uniti e Russia esiste un importante programma di disarmo ereditato dalla guerra fredda. Fin dal suo avvento, Biden ha proposto a Mosca di prolungare di cinque anni il trattato per la riduzione delle armi nucleari New Start, la cui scadenza era fissata per quest’anno.

In questo faccia a faccia ci sarà l’obiettivo di fondo, cioè, nel migliore dei casi, intendersi sul modo di essere in disaccordo

Anche se non esiste alcuna simpatia tra Mosca e Washington, c’è un’eredità storica, quella della dissuasione nucleare, che Biden e Putin conoscono bene. Questa cultura del negoziato tra est e ovest non esiste con la Cina, superpotenza molto più recente.

L’agenda comune non renderà la discussione tra Biden e Putin più amichevole, anche perché i due paesi devono colmare una grande distanza. Ma cambia la natura del rapporto, con l’abitudine a contrastarsi senza oltrepassare il Rubicone. In ogni caso la lista degli argomenti che creano tensione è piuttosto lunga: attacchi informatici, Ucraina, Bielorussia, Navalnyj, sanzioni…

In questo faccia a faccia ci sarà la forma – ognuno vorrà uscirne a testa alta – e l’obiettivo di fondo, cioè, nel migliore dei casi, intendersi sul modo di essere in disaccordo. Non ci saranno miracoli, perché non ne esistono le condizioni.

Joe Biden è ancora nella fase in cui deve ristabilire la credibilità degli Stati Uniti dopo gli anni di Trump. Sia Pechino sia Mosca ritengono l’occidente in declino. Biden vuole convincere tutti del contrario. La scenografia del summit è stata preparata con questo obiettivo: partecipando prima al G7, al vertice della Nato e a un incontro con l’Unione europea, Biden ha voluto mostrare che il suo “schieramento” è unito e solido, a rischio di irritare i suoi alleati che non hanno troppa voglia di farsi trascinare in un nuovo blocco. Il presidente francese Emmanuel Macron ha lasciato trapelare un certo fastidio il 15 giugno a Bruxelles, al termine del vertice della Nato.

Nel grande teatro della diplomazia, il vertice di Ginevra costituisce un momento importante nella fase di costruzione dei nuovi rapporti di forza. La prossima tappa sarà la Cina, il vero rivale strategico del ventunesimo secolo. Una questione più complessa e più essenziale per gli equilibri mondiali.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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