24 gennaio 2022 10:08

La Germania è la prima vittima collaterale della crisi ucraina, ancor prima che sia sparato un singolo colpo. Gli interessi russi alla base del massiccio dispiegamento di forze al confine con l’Ucraina hanno infatti costretto la nuova coalizione al potere a Berlino ad affrontare la sua prima crisi internazionale e anche le proprie contraddizioni.

Inizialmente discrete, queste tensioni sono emerse alla luce del sole con le dichiarazioni sorprendenti del capo della marina tedesca, il viceammiraglio Kay-Achim Schönbach. In visita in India, l’ufficiale ha definito “un’idiozia” l’idea che la Russia possa invadere l’Ucraina. Secondo Schönbach Putin vuole solo ottenere il “rispetto” degli occidentali, un rispetto che a suo parere “merita”. Il viceammiraglio ha aggiunto che la Crimea, annessa nel 2014 da Putin, non appartiene all’Ucraina, contraddicendo la posizione politica del suo paese.

Queste dichiarazioni hanno scatenato una tempesta e Schönbach ha rassegnato le dimissioni il 22 gennaio, anticipando la propria destituzione. Ma il danno ormai era fatto: Schönbach ha esposto le imbarazzanti contraddizioni della posizione tedesca.

Una crisi inedita
La Germania, evidentemente, si trova in una situazione peculiare rispetto alla Russia e all’Ucraina, per motivi storici, economici e strategici. Questo rende complicata la definizione di una politica chiara e coerente rispetto a una crisi inedita.

Come tutti i paesi occidentali, la Germania si interroga sulla risposta da opporre a Putin, che pretende la neutralizzazione di quella che considera come una “sfera di influenza” russa. Le reazioni a questa pretesa sono state eterogenee. Alcuni paesi hanno cominciato a consegnare armi all’Ucraina, a cominciare dal Regno Unito e dall’Estonia, che ha chiesto agli Stati Uniti e alla Germania il permesso di rivendere all’Ucraina le armi acquistate nei due paesi. Washington ha acconsentito, Berlino no.

Berlino non ha mai voluto trasformare il gasdotto in un’arma diplomatica

La ministra degli esteri tedesca, l’ecologista Annalena Baerbock, ha dichiarato che per motivi storici Berlino non può accettare la possibilità che armi tedesche siano utilizzate contro cittadini russi. Così facendo Baerbock ha provocato la risposta piccata del suo omologo ucraino, secondo cui l’argomento della storia era valido anche per i milioni di vittime ucraine del nazismo.

In tutto questo non bisogna dimenticare la vicenda del gasdotto, al centro del problema. Berlino ha a sua disposizione un grande strumento di pressione sul Cremlino: il gasdotto Nord stream 2 che collega la Russia alla Germania. La costruzione dell’impianto è stata completata, ma la sua inaugurazione è stata sospesa.

Berlino non ha mai voluto trasformare il gasdotto in un’arma diplomatica, ma resta il fatto che il Nord stream 2 permetterà a Mosca di aggirare l’Ucraina per esportare il suo gas e aumenterà la dipendenza della Germania e di una parte dell’Europa dalla Russia.

La settimana scorsa il ministro della difesa tedesco, socialdemocratico, ha escluso la possibilità di legare il Nord stream 2 alla crisi ucraina, prima di essere smentito dal cancelliere Olaf Scholz, suo collega di partito. Nel frattempo Baerbock ha sottolineato che “ogni opzione è possibile” in caso di attacco russo.

Il problema è la credibilità della diplomazia della prima potenza europea in una crisi in atto sul continente. I vincitori in questa vicenda sono la Russia, che ha destabilizzato i suoi avversari, ma anche la Nato, che agli europei dell’est appare come l’unico vero garante della sicurezza.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it