31 gennaio 2022 09:53

Il contrasto è evidente. A Londra, Parigi o Berlino si ha l’impressione di sentir parlare di crisi diverse, con diverse conclusioni.

Il primo ministro britannico Boris Johnson è sicuramente più “guerriero” rispetto ai leader dell’Unione europea. Johnson vorrebbe che la Nato approvasse un dispiegamento massiccio di truppe in Europa dell’est per dissuadere la Russia da un attacco contro l’Ucraina, e prepara un progetto di legge per imporre dure sanzioni finanziarie. Il primo ministro, inoltre, si recherà a Kiev per manifestare il sostegno all’Ucraina.

I suoi critici attribuiscono questo attivismo alla volontà di distogliere l’attenzione dal “partygate”, lo scandalo delle feste a Downing street durante i lockdown. Questo aspetto è innegabile, ma è solo una parte della risposta.

Johnson vuole anche ritrovare, nel campo della sicurezza europea, una leadership indebolita dalla Brexit, e si comporta come da tradizione nel Regno Unito allineandosi agli Stati Uniti in nome della storica “relazione speciale”.

A Parigi e Berlino l’atteggiamento è molto diverso. Da un lato la Francia si è offerta di inviare forze militari al confine orientale dell’Ue, in Romania, nei pressi del mar Nero e in una zona strategica dove l’Europa unita incontra l’Ucraina e la Russia. È un modo per allontanare il sospetto di non voler agire al fianco della Nato e per rafforzare i rapporti con un paese amico.

La Francia e la Germania non vogliono tagliare i ponti con Mosca

Ma la Francia si distingue dal Regno Unito in quanto mantiene una linea “di dialogo” con la Russia e il suo presidente Vladimir Putin, anche se gli ultimi quattro anni non hanno portato alcun risultato positivo in tal senso.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha al suo attivo il rilancio del processo detto Normandia, con la riunione della settimana scorsa a Parigi dei rappresentanti di Ucraina e Russia, per la prima volta dall’inizio della crisi. Si tratta di un’iniziativa franco-tedesca che dimostra la volontà delle due principali potenze dell’Ue di non tagliare i ponti con Mosca, anche se questo irrita i paesi più reticenti a fare qualsiasi concessione a Putin. La Germania, in questo contesto, riceve aspre critiche a causa delle sue esitazioni rispetto al gasdotto Nord stream 2.

Questa spaccatura è profonda e non è una novità. Nel 2021 Parigi e Berlino sono andate incontro a un fallimento quando hanno proposto ai 27 un vertice con la Russia. Ora la stessa problematica si ripresenta con il nuovo governo tedesco. Finora il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz non ha mostrato le qualità di leadership che si pretendono dalla Germania.

A questo punto tutto dipenderà dall’evoluzione di questo confronto prolungato tra la Russia e i paesi della Nato. Se Putin dovesse decidere di intervenire, il campo dei “falchi” sarà rafforzato e Londra potrà rivendicare il suo ascendente sulle questioni di sicurezza, nonostante la Brexit e con buona pace della mitica “autonomia strategica” europea vantata da Parigi e poi anche da Berlino.

Questa crisi ha il potenziale per ridefinire non solo i rapporti di forza tra Mosca e i suoi rivali occidentali, ma anche quelli interni all’Europa. La posta in gioco è alta e gli effetti saranno duraturi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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