01 marzo 2022 09:28

Bisogna saper fermare una guerra, ma ci sono condizioni da rispettare e purtroppo in Ucraina non esistono ancora.

Il 28 febbraio, in territorio bielorusso, si è svolto il primo incontro tra rappresentanti russi e ucraini dall’inizio della guerra. Ma in realtà, a cinque giorni dall’inizio delle ostilità e senza un vantaggio decisivo per nessuno dei due fronti, non c’era alcuna speranza di ottenere una conclusione del conflitto.

L’unica nota positiva è il fatto che le due delegazioni hanno promesso di incontrarsi nuovamente. Il fallimento era tanto più prevedibile se consideriamo che nello stesso momento il presidente francese Emmanuel Macron era al telefono con Vladimir Putin. Durante la conversazione, durata un’ora e mezza, il presidente russo ha ribadito al suo collega francese le sue richieste, che si traducono in una resa dell’Ucraina. Una pretesa inaccettabile per il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj.

Colonne russe verso Kiev
La verità è che questo è ancora il momento della guerra. Macron, principale interlocutore di Putin nelle ultime settimane, ha trovato un uomo “all’attacco” e capace di forzare un’escalation militare. Questa impressione si rispecchia sul campo, da dove arriva la notizia di un massiccio bombardamento contro edifici residenziali a Kharviv nella giornata del 28 febbraio (con diverse vittime civili) e di colonne di rinforzi russi in direzione di Kiev, la capitale ucraina che resta l’obiettivo dell’invasione.

Putin appare deciso a inviare al fronte forze più consistenti

La realtà sul terreno evidenzia un altro aspetto: Putin non si è certo impegnato in un conflitto di questa portata per poi rinunciare senza aver ottenuto nient’altro che qualche conquista territoriale che non giustificherebbe mai il costo dell’operazione. La resa non è né nella sua natura né nel suo stato emotivo attuale, a quanto pare.

Putin considera solo i rapporti di forze. La Russia ha sicuramente sottovalutato la capacità di resistenza dell’esercito ucraino, che non è crollato al primo colpo di cannone come invece sembrava sperare il presidente russo quando ha definito “illegittimo” il governo di Kiev.

Putin appare deciso a inviare al fronte forze più consistenti. Il rischio, a giudicare dall’esperienza passata dell’esercito russo in Cecenia o in Siria, è che Mosca decida di attaccare i centri urbani senza preoccuparsi della popolazione civile. Per questo motivo è in corso una gara di velocità tra l’azione dell’esercito russo e ciò che succede sul piano internazionale, un altro aspetto sottovalutato da Putin.

Nel giro di pochi giorni gli occidentali hanno reagito duramente, imponendo sanzioni economiche e finanziarie estremamente pesanti e creando un fronte unico di sostegno all’Ucraina. Nessuno se lo aspettava.

Per gli occidentali l’obiettivo è far crescere il costo di questa guerra per Putin, nella speranza di costringerlo a ragionare e di portarlo al tavolo del negoziato senza preconcetti. Ma questa logica classica potrebbe non funzionare con un uomo che non esita a sventolare l’arma nucleare per intimidire i suoi avversari.

Il conflitto sembra destinato a durare, e non finirà fino a quando Putin non avrà stabilito che il costo è eccessivo. La tenacia degli ucraini e dei loro alleati sarà sicuramente messa a dura prova.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it