25 marzo 2022 10:08

Ricordate la “diplomazia sanitaria” all’inizio della pandemia di covid-19? Ora dobbiamo prepararci alla “diplomazia alimentare”, con tutto il suo corredo di informazioni e con il rischio di carestie e crisi politiche in una parte del mondo.

L’equazione è ormai nota: la Russia e l’Ucraina sono due grandi esportatori di prodotti agricoli, in particolare di cereali, e gli effetti della guerra si stanno già facendo sentire sui prezzi e sulle forniture. Ma il peggio deve ancora arrivare: in un contesto di guerra sarà difficile (in particolare per gli ucraini) seminare in vista del nuovo raccolto, e i problemi più gravi si faranno sentire tra 12-18 mesi sul mercato mondiale.

Oggi 27 paesi con una popolazione complessiva di 750 milioni di abitanti importano più del 50 per cento dei prodotti agricoli dalla Russia e dall’Ucraina. Questi paesi si trovano soprattutto in Medio Oriente e in Africa. In Egitto, paese popolato da cento milioni di abitanti, i prodotti importati da Russia e Ucraina rappresentano addirittura l’80 per cento del totale. L’argomento, insomma, è esplosivo.

Liberare le scorte
La questione alimentare è stata presa in considerazione il 24 marzo in occasione del vertice del G7 e di quello dell’Unione europea, entrambi organizzati a Bruxelles. Emmanuel Macron, in quanto presidente del Consiglio dell’Unione, ne ha parlato con il capo di stato senegalese Macky Sall, attuale presidente dell’Unione africana.

I due leader hanno proposto un’iniziativa battezzata col nome di “Missione di resilienza alimentare e agricola” e ispirata ai procedimenti introdotti durante la crisi del covid-19, a cominciare dal dispositivo Acta lanciato in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità che ha permesso di fornire vaccini ai paesi più poveri. In futuro bisognerà incoraggiare la liberazione delle scorte, assicurare la trasparenza dei mercati e organizzare una solidarietà efficace.

Macron avrebbe chiesto a Putin di lasciar procedere la semina dei cereali in Ucraina

Ma se il precedente del covid-19 può insegnarci qualcosa, è che i quadri multilaterali non impediscono che la politica stravolga ogni contesto. Ricordiamo ancora come l’azione solidale internazionale sia stata inquinata dalle forniture sanitarie cinesi in Africa o dalle polemiche sui brevetti dei vaccini.

Il rischio è duplice. Il primo pericolo è quello di una guerra di propaganda con cui la Russia cercherà di sostenere che le sanzioni occidentali sono responsabili per i problemi alimentari e l’aumento dei prezzi, laddove è stata la guerra scatenata da Vladimir Putin a causarli. I prodotti alimentari sono esclusi dalle sanzioni, ma le notizie fanno parte della guerra e spesso la verità conta poco.

Il secondo rischio riguarda la stabilità dei paesi coinvolti. L’argomento è semplice: nel corso della sua storia l’Egitto ha vissuto spesso “rivolte del pane” a causa dei prezzi, dunque possiamo immaginare cosa provocherebbero le carenze o addirittura una carestia, parola usata il 24 marzo da Macron.

Il presidente francese ha detto di aver chiesto a Putin, durante un colloquio telefonico, di permettere agli ucraini di seminare in vista dell’anno prossimo nonostante la guerra, e di non ostacolare le esportazioni agricole. Davanti all’evoluzione di questa guerra, però, quello di Macron appare come un tentativo poco realistico.

Resta il meccanismo internazionale proposto: la comunità internazionale non può permettersi di sbagliare, perché un fallimento, con l’avvento delle temute carestie, si aggiungerebbe agli altri drammi che sconvolgono un mondo già pieno di sofferenza. L’onda d’urto della guerra russa è appena cominciata.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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