02 settembre 2022 10:14

“Chi vorrebbe che la Turchia fosse l’unica potenza al mondo a parlare con la Russia?”, ha chiesto il 1 settembre il presidente francese Emmanuel Macron. Macron ha fatto riferimento alla Turchia e al suo presidente, Recep Tayyip Erdoğan, in un’arringa in cui ha perorato la causa del suo rapporto speciale con Vladimir Putin, che non è gradito a tutti.

Il presidente francese ha pronunciato un discorso fiume di due ore parlando agli ambasciatori francesi riuniti a Parigi per la loro conferenza annuale. Davanti allo stesso pubblico, nel 2019, Macron aveva promosso il suo dialogo con Putin, che aveva ricevuto da poco al Fort de Brégançon, la residenza estiva dei presidenti francesi. Davanti allo scetticismo generale, Macron aveva invitato i diplomatici a non seguire lo “stato profondo” (un’espressione che aveva sorpreso molti) che faceva resistenza.

Tre anni dopo, la situazione è profondamente diversa, a cominciare dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. E nel frattempo il dialogo intenso tra Macron e Putin non ha portato cambiamenti di rilievo.

Rapporto personale
Ma allora perché andare avanti? È in quest’ottica che la Turchia diventa utile per Macron. Il presidente turco Erdoğan, nonostante il suo paese faccia parte della Nato, è il solo a essere ascoltato da Putin. Gli unici negoziati significativi tra russi e ucraini si sono svolti a Istanbul a marzo, ed è la Turchia ad aver manovrato per eliminare il blocco russo sui cereali ucraini.

Erdoğan è divento un interlocutore indispensabile, il “facilitatore” del dialogo come lo ha definito un diplomatico convinto che il presidente turco abbia giocato al meglio le sue carte. Da anni Erdoğan porta avanti un rapporto personale con Putin, di cui parla lo stesso linguaggio autocratico.

Macron si rivolge sia all’opinione pubblica francese sia agli altri paesi europei

Questo “monopolio” turco infastidisce Parigi. La Francia ritiene che l’Europa abbia tutto da perdere restando ai margini di un rapporto con Mosca che prima o poi dovrà riallacciare, a prescindere dall’esito del conflitto. Questo è il messaggio inviato da Macron il 1 settembre.

Macron si rivolge sia all’opinione pubblica francese sia agli altri paesi europei, che sconvolti dalla barbarie della guerra non avevano immaginato di poter dialogare con il responsabile del conflitto. Il presidente francese (e gli ambasciatori con lui) ha chiesto l’autorizzazione a dialogare con tutti, soprattutto con quelli in disaccordo con la Francia.

Questa logica della “trattativa con il diavolo” , per riprendere il titolo di un libro dello storico francese Pierre Grosser, è considerata da Macron un principio diplomatico. La Francia deve essere una “potenza di equilibrio”, ovvero fedele alle sue alleanze – Europa, Nato, Stati Uniti – ma non allineata o “vassallizzata”.

Un simile equilibrio non è facile da realizzare in un mondo sempre più in tensione, polarizzato e spaccato. Rispetto alla Russia o alla Cina Macron vuole prendere impegni chiari senza però interrompere il dialogo e collaborare su alcuni argomenti, come la crisi climatica. Ma bisogna fare attenzione per evitare che questo equilibrio diventi un equilibrismo. La situazione globale non lo permette.

Traduzione di Andrea Sparacino

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