È a questo che ci si riferisce quando si parla degli scenari catastrofici immaginati dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina: un missile che colpisce il territorio di un paese della Nato. Ed è quello che è successo la sera del 15 novembre a Przewodów, un villaggio polacco a dieci chilometri dal confine con l’Ucraina. È un fatto che non ha precedenti, non solo dall’inizio di questa guerra, ma anche nella storia: anche al culmine delle tensioni est-ovest, nessun territorio della Nato era mai stato colpito.

La preoccupazione è molto forte, ma non sembra, secondo le informazioni disponibili, che si tratti di un’azione da parte di Mosca per colpire il territorio polacco, fatto che porterebbe a un’escalation. I paesi della Nato si sono riuniti oggi in base all’articolo 4 della carta atlantica, che prevede consultazioni; non è l’articolo 5 che garantisce la solidarietà automatica degli altri paesi membri in caso di attacco a uno di loro.

Quindi ci sarà una reazione, in un modo o nell’altro, se non altro per riaffermare la realtà della deterrenza garantita dall’alleanza; ma gli Stati Uniti e i loro alleati staranno attenti a non spingersi troppo lontano. Ma l’avvertimento è forte: mostra come possono cominciare le escalation e quindi l’allargamento della guerra.

L’assenza volontaria di Putin da Bali era già presagio di questo isolamento

Intanto una pagina importante della storia della guerra in Ucraina è stata scritta il 14 novembre tra Bali e Kiev, tra l’isola tropicale dove è in corso il vertice del G20 e le città ucraine nuovamente colpite da una pioggia di missili russi. Una giornata cominciata con la dichiarazione di Volodymyr Zelenskyj sul fatto che è il “momento di mettere fine alla guerra”, e conclusa con la risposta di Mosca lanciata dall’alto.

A Bali, Putin si è ritrovato più isolato di quanto non sia mai stato da quando ha preso la decisione fatidica di invadere l’Ucraina, lo scorso 24 febbraio. La sua assenza volontaria da questo vertice in cui avrebbe comunque, in linea di principio, diversi paesi amici, era già un presagio di questo isolamento russo.

La Cina e l’India, che finora si sono rifiutate di condannare l’invasione dell’Ucraina, a Bali ne hanno preso le distanze, e vedremo come questo si esprimerà nella dichiarazione finale del vertice di oggi.

La posta in gioco al G20, dopo nove mesi di conflitto, è la possibilità di capire se i paesi del sud resteranno ancorati alla loro neutralità, benevola nei confronti della Russia e ostile verso l’occidente. A quanto pare le sconfitte di Putin stanno convincendo i suoi amici che bisogna evitare di affondare con Mosca.

Per quanto riguarda l’offerta di negoziato di Zelenskyj, la risposta russa è arrivata in due tempi: inizialmente Sergej Lavrov, ministro degli esteri russo che rappresenta Putin a Bali, ha definito le condizioni poste dal presidente ucraino “irrealiste”.

Bisogna ammettere che Zelenskyj ha posto condizioni di pace che sembrano quelle di una capitolazione russa: ritiro delle truppe di Mosca, ritorno all’integrità territoriale ucraina e risarcimenti di guerra, quindi nessun compromesso che permetterebbe all’esercito russo di ricompattarsi.

Zelenskyj ha voluto dimostrare, su richiesta degli statunitensi, di essere aperto ai negoziati. Ma sa che il suo esercito e la sua popolazione non sono disposti a rinunciare a nulla dopo quello che l’Ucraina ha sofferto per nove mesi. I cento missili di ieri non gli faranno cambiare idea; soprattutto dopo quello che è successo in Polonia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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