14 aprile 2023 09:42

Nel concetto molto di moda di “sud globale”, ovvero il mondo non occidentale che si contrappone all’occidente, il Brasile occupa un posto di prim’ordine. E il suo presidente Luiz Inácio Lula Da Silva, tornato al potere a gennaio, non ha perso tempo per dimostrarlo.

Questa settimana Lula si trova in Cina, in un momento in cui sono ridefiniti i rapporti di forza del nuovo secolo. Il Brasile e la Cina sono entrambi componenti dei Brics, il club di paesi emergenti che comprende anche Sudafrica, India e Russia.

Con l’ascesa dei Brics, negli anni duemila, Lula aveva creduto alla nascita di un mondo alternativo in occasione del suo primo passaggio al potere. Ma il club non ha mantenuto le sue promesse, soprattuto in ragione del peso smisurato della Cina rispetto agli altri partner e alle sue ambizioni di superpotenza.

Ruolo centrale
Tornato al comando, Lula ha rapidamente preso la via di Pechino, non prima però di compiere un viaggio a Washington. Le sue dichiarazioni dimostrano che non ha abbandonato la visione di un mondo post occidentale in cui i Brics ricoprirebbero un ruolo centrale.

Le relazioni sino-brasiliane costituiscono da anni il legame commerciale più importante “tra sud e sud” del mondo, con 150 miliardi di dollari all’anno a beneficio del Brasile. Lula si è preoccupato subito di fortificare questa intesa dopo gli anni di Jair Bolsonaro, tutt’altro che fruttiferi. Con il cambio alla presidenza brasiliana è tornata la fiducia.

Il club dei paesi emergenti è sicuramente pieno di contraddizioni, a cominciare dalla presenza della Russia

Il presidente brasiliano ha sviluppato un’idea in particolare, che riguarda la Cina ma non solo: mettere fine al dominio del dollaro nel campo della finanza mondiale. Lula ha dedicato a questo obiettivo una parte importante di un suo discorso, raccontando con falsa ingenuità di domandarsi “ogni sera perché tutti i paesi dovrebbero effettuare i propri scambi commerciali in dollari. Perché non possiamo commerciare usando la nostra moneta? Chi ha deciso che il dollaro dev’essere la moneta di riferimento soppiantando il sistema aureo?”.

L’aspetto più interessante della vicenda è che Lula ha pronunciato queste parole, fortemente applaudite, nella sede della Banca per lo sviluppo dei Brics, un’istituzione che fa concorrenza a quelle di Bretton Woods fondate dopo la guerra, tra cui la Banca mondiale. Il presidente ha assistito all’insediamento della nuova dirigente della banca dei Brics, che non è altro che l’ex presidente brasiliana Dilma Rousseff.

Il club dei paesi emergenti è sicuramente pieno di contraddizioni, a cominciare dal fatto che comprende anche la Russia, bersagliata dalle sanzioni e con un presidente incriminato dalla Corte penale internazionale. Questo, inevitabilmente, complica il prossimo vertice dell’organizzazione, che si terrà in Sudafrica.

Il momento è assolutamente particolare. La guerra in Ucraina ha rimescolato le carte e rilanciato le ambizioni di chi contesta l’ordine occidentale del mondo.
La questione della “dollarizzazione” degli scambi commerciali è un cavallo di battaglia della Cina. Lo yuan cinese è sempre più usato, al punto di aver quasi superato l’euro. Nell’intervista della settimana scorsa durante il viaggio di ritorno da Pechino, il presidente francese Emmanuel Macron aveva pronunciato una frase che inizialmente era passata inosservata: “Non dobbiamo dipendere dall’extraterritorialità del dollaro”.

A piccoli passi si stanno affermando nuovi equilibri. Sarà importante seguire le prossime iniziative del presidente brasiliano per capire se questo processo sfocerà in un cambiamento reale e se il secondo tentativo di Lula sarà quello buono.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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