L’anno scorso, in occasione di un precedente incontro, Vladimir Putin e Xi Jinping avevano dialogato davanti alle telecamere, trovandosi d’accordo sul fatto che il mondo stava vivendo “cambiamenti che non vedevamo da 100 anni”, di cui Cina e Russia erano le “forze motrici”.
Oggi, mentre Putin torna a Pechino per due giorni, la dichiarazione di un anno fa è ancora attuale. I due leader condividono l’analisi secondo cui l’occidente è in crisi e non bisogna allentare la pressione. In un’intervista concessa all’agenzia cinese Xinhua, Putin ha elogiato la collaborazione tra Mosca e Pechino per “creare un mondo multipolare equo”, ovvero non dominato dagli Stati Uniti.
L’intesa tra Putin e Xi non è ideologica, come non lo era quella tra Stalin e il Mao degli inizi. La convergenza è piuttosto geopolitica, dunque va oltre le congiunture, dalle sanzioni alla Russia all’impegno della Cina nella nuova guerra fredda. Mosca e Pechino hanno un obiettivo comune: rimettere in discussione l’ordine internazionale ereditato dalla seconda guerra mondiale.
La guerra in Ucraina è il tema più delicato. Dieci giorni fa Xi era a Parigi, dove il presidente francese Emmanuel Macron lo ha invitato a intercedere con il suo amico russo. La stessa richiesta era stata fatta l’anno scorso in occasione di un viaggio a Pechino di Macron, senza risultati apprezzabili.
Tutto lascia pensare che anche stavolta le cose non cambieranno. Certo, la Cina non consegna armi alla Russia, ma è diventata il suo salvagente economico, con scambi commerciali che sono aumentati del 60 per cento dopo l’invasione dell’Ucraina. Pechino consegna ai russi numerosi componenti elettronici ed equipaggiamenti che possono essere usati sia nel settore civile sia in quello militare. Le esportazioni di componenti in Asia centrale sono decollate grazie a un meccanismo creato chiaramente per aggirare le sanzioni.
A Parigi Xi ha promesso che impedirà la fornitura di tecnologie dal doppio uso alla Russia, perché non vuole che le aziende cinesi siano sanzionate. Ma allo stesso tempo il leder cinese non ha intenzione di indebolire Putin in un momento in cui gli statunitensi aumentano la pressione su Pechino.
Fino a che punto reggerà questa intesa? A febbraio del 2022, poco prima dell’invasione dell’Ucraina, Putin e Xi si erano promessi un’“amicizia senza limiti”. La formula aveva fatto scalpore, tanto che da dieci anni gli analisti continuano a cercare di individuare ipotetici limiti.
In realtà i limiti esistono. Non si tratta di un’alleanza militare come può essere quella della Nato per gli occidentali, anche perché la Cina non è impegnata in Ucraina con la Russia (“Non è la mia guerra”, ha detto Xi a Macron l’anno scorso). Inoltre, Cina e Russia non seguono lo stesso modello economico, e questo impedisce alla collaborazione di svilupparsi. La Russia vende idrocarburi. La Cina, coinvolta nella globalizzazione, ha bisogno di produrre e fare affari anche con i suoi avversari.
Ma se la posta in gioco è il rapporto di forze mondiale, allora Mosca e Pechino possono fare un po’ di strada insieme. Questa realtà sminuisce il significato delle dichiarazioni di amicizia fatte a Parigi dieci giorni fa, dettate più che altro dall’interesse convergente tra Cina e Francia su alcuni temi. Ma per Xi le questioni serie si affrontano a Pechino, con l’amico Putin.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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