27 maggio 2024 09:17

Immaginate di trovarvi, un pomeriggio qualunque, in un grande negozio di bricolage, come capita a milioni di persone in tutto il mondo. Ma ecco che all’improvviso due bombe da cinquecento chili cadono dal cielo e distruggono tutto. È quello che è successo sabato 25 maggio, alle 16, agli abitanti di Charkiv, grande città nel nordest dell’Ucraina. Il bilancio è di sedici morti e decine di feriti, in una zona senza il minimo obiettivo militare che potesse giustificare un bombardamento.

Due giorni prima era stata la grande tipografia Vivat, sempre a Charkiv, a essere colpita dai missili russi, che hanno ucciso sette persone e distrutto cinquantamila libri. Anche in quel caso non c’erano obiettivi militari. Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha registrato un video tra le macerie della tipografia, pubblicato nel fine settimana proprio mentre era in corso la tragedia del centro commerciale.

I due drammi evidenziano un aspetto particolare del conflitto: la vita continua anche nel bel mezzo di una guerra. Le persone comprano ancora materiale per il bricolage e le tipografie stampano libri. Il problema è che per portare avanti la guerra servono armi e munizioni, che però arrivano con il contagocce. Zelenskyj ha manifestato tutta la sua frustrazione in una serie di video pubblicati dopo il suo arrivo a Charkiv.

Non sta succedendo niente di nuovo. Già diverse volte il presidente ucraino si è lamentato degli equipaggiamenti che non arrivano del tutto o arrivano in quantità insufficienti. Ora però l’Ucraina è messa a dura prova da un esercito russo passato all’offensiva almeno su due fronti e deciso ad approfittare del proprio vantaggio.

I russi erano arrivati alle porte di Charkiv già all’inizio dell’invasione, due anni fa, nella speranza che la popolazione russofona di questa città di un milione e mezzo di abitanti si schierasse dalla loro parte. Non è successo. In seguito l’esercito ucraino ha riconquistato parte dell’oblast di Charkiv, ma nelle ultime settimane i russi si sono pericolosamente avvicinati alla città, forzando l’evacuazione dei civili in diversi centri abitati. Mosca bombarda Charkiv quasi ogni giorno nel tentativo di convincere la popolazione a partire e spingere Kiev a sedersi al tavolo delle trattative in condizioni sfavorevoli.

Questo è il ricatto che Zelenskyj vuole assolutamente evitare, motivo per cui insiste davanti alle esitazioni dell’occidente.

Nell’ultimo messaggio rivolto ai suoi concittadini, il presidente ucraino ha avanzato due richieste precise. La prima è che gli aerei della Nato possano abbattere i missili e i droni russi operando nello spazio aereo dei paesi dell’alleanza, nello specifico Polonia o Romania. In questo modo l’occidente contribuirebbe alla protezione dell’Ucraina e rafforzerebbe le difese dell’Europa orientale, ma al momento è difficile che si verifichi un simile sviluppo.

La seconda richiesta è sul tavolo da tempo: permettere all’Ucraina di utilizzare i missili occidentali a lunga gittata per colpire in territorio russo. Il presidente ucraino ha segnalato un nuovo raggruppamento di truppe russe oltre la frontiera, in vista dell’apertura di un nuovo fronte. Ma Kiev non ha la possibilità di colpire oltre il confine, nonostante i missili statunitensi, britannici o francesi sarebbero perfettamente in grado di farlo. Per non parlare dei Taurus tedeschi, che Berlino continua a rifiutarsi di consegnare.

Zelenskyj sottolinea la contraddizione tra una narrativa che continua a insistere sul fatto che la Russia non deve vincere la guerra e l’immobilità di chi potrebbe garantire la vittoria dell’Ucraina. Una contraddizione dovuta alla lentezza delle industrie della difesa, certo, ma anche una questione di volontà. Le vittime di Charkiv ne sono la tragica conseguenza.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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