16 settembre 2018 09:50

Rafia Zakaria sarà al festival di Internazionale a Ferrara il 5 ottobre 2018, per parlare del movimento femminista conMarta Dillon, Marta Lempart, Katha Pollitt e Ida Dominijanni.

“Ognuno è bello a modo suo, a prescindere dal peso, dalle origini, dal colore della pelle o dalla forma fisica”, risponde Sara Iftekhar, una studente di giurisprudenza di vent’anni, a chi le chiede perché ha scelto di indossare il velo. Iftekhar è la prima finalista del concorso di bellezza Miss England a presentarsi con l’hijab. Non è il primo concorso a cui partecipa: quest’anno ha già vinto il titolo di Miss Popularity tra le aspiranti Miss Yorkshire.

Come sempre, quando si parla di veli e di donne musulmane, la scelta di Iftekhar e la visibilità che le ha conferito hanno scatenato accesi dibattiti sui mezzi d’informazione del Regno Unito. Le giovani musulmane britanniche appoggiano Iftekhar per due ragioni: in primo luogo, sfata il mito secondo cui questo capo d’abbigliamento è un simbolo di sottomissione; in secondo luogo, dando maggiore visibilità al velo indossandolo in un concorso di bellezza, esprime una posizione forte sul tema dell’inclusione e sul fatto che le musulmane, comprese quelle che si coprono il capo, fanno ormai innegabilmente parte del tessuto sociale britannico.

C’è anche una terza ragione, meno esplicita, che si può leggere tra le righe della dichiarazione di Iftekhar: il fatto che le musulmane che indossano il velo possano aspirare a essere considerate belle come chiunque altro. In questo senso la concorrente con il velo non cerca solo visibilità, ma vuole anche mostrare che le donne con l’hijab, che alcuni considerano tristi, possono essere belle ed eleganti. Con questa premessa Iftekhar si pone nel solco del dibattito nato dopo la comparsa delle prime modelle con il velo alla New York fashion week.

Così come gli stilisti che creano abiti per le donne musulmane sostengono che anche le donne velate sono belle e devono mettersi in mostra, le candidate ai concorsi di bellezza che indossano l’hijab vogliono far vedere che coprire il capo non sminuisce la loro bellezza, anzi può addirittura esaltarla. La donna che non mostra i capelli del tutto o in parte (il velo di Iftekhar copre solo la parte posteriore del capo) non è brutta né oppressa né vittima: è un emblema della libertà di scelta.

La bellezza e la modestia
Questo discorso sarebbe perfettamente condivisibile, se non fosse per il particolare contesto in cui viene sviluppato. Come molti fanno notare (dopo che, per esempio, è stata cancellata la sfilata in costume da bagno a Miss America), i concorsi di bellezza sono l’eredità di un passato pre-femminista. La passerella, i giudizi e l’assegnazione di punti in base alle caratteristiche fisiche delle partecipanti (nonostante l’aggiunta di alcuni aspetti vagamente intellettuali per ovviare a queste critiche) sono una delle peggiori dimostrazioni di come si possono ridurre le donne a oggetti.

Quindi può sembrare strano scegliere un ambiente simile per contestare le definizioni di ciò che è bello o accettabile. Se da un lato indossare l’hijab può essere considerata una scelta femminista, questa viene squalificata se lo si fa in una manifestazione dove le donne sono giudicate solo in base all’aspetto fisico.

Il concetto di scelta è in continua evoluzione, e mette in secondo piano la nozione di bellezza

Resta il fatto che in passato indossare il velo era una decisione legata principalmente a motivazioni spirituali: l’hijab era un simbolo di modestia, la donna era meno visibile ed esibiva il meno possibile il suo aspetto fisico. È evidente che le cose sono cambiate. Basta pensare agli sforzi sempre più frequenti e mirati degli stilisti di promuovere creazioni che non solo sono estremamente costose ma sono anche considerate belle piuttosto che modeste. Oppure alle ragazze velate che partecipano ai concorsi di bellezza, con l’intenzione di attirare gli sguardi ed essere acclamate per il loro aspetto.

La partecipazione di Iftekhar a Miss England rappresenta proprio quest’evoluzione del velo che, da emblema spirituale di modestia e compostezza, è diventato un simbolo d’identità politica, una richiesta di visibilità, accettazione e attenzione. L’idea che le donne che indossano il velo possano fare qualsiasi cosa si è diffusa così tanto da far passare in secondo piano l’esigenza della modestia. C’è qualcosa di positivo in tutto questo: di fronte alla richiesta e all’obbligo di indossare il velo in alcune società e culture – per cui indossare un pezzo di stoffa significa possedere integrità morale – le donne musulmane l’hanno fatto, ma sono anche andate avanti. La conseguenza è che la pratica del velo si è evoluta: le connotazioni originarie non hanno più importanza e la scelta femminista che si cela dietro è molto più importante del significato religioso.

Le donne che partecipano ai concorsi di bellezza indossando il velo sono il simbolo di quanto le idee di femminilità, autonomia e bellezza siano cambiate negli ultimi dieci anni. Chi giustifica questi concorsi fa notare che le donne che vi prendono parte scelgono di farlo autonomamente e non sono schiave degli aspetti antifemministi di queste manifestazioni. Allo stesso modo le donne musulmane nei paesi occidentali sottolineano che nella decisione di indossare il velo non hanno subìto coercizione né pressioni.

Il concetto di “scelta” è in continua evoluzione, e mette in secondo piano la nozione di “bellezza” nel contesto dei concorsi e quello di “modestia” nella questione del velo. Si può essere più o meno d’accordo con questa lettura, ma anche considerare i concorsi di bellezza e il velo come esempi di affermazione femminista è – naturalmente – una questione di scelte.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul quotidiano pachistano Dawn. Rafia Zakaria sarà al festival di Internazionale a Ferrara il 5 ottobre per parlare di diritti delle donne.

Rafia Zakaria sarà al festival di Internazionale a Ferrara il 5 ottobre 2018, per parlare del movimento femminista con Marta Dillon, Marta Lempart, Katha Pollitt e Ida Dominijanni.

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