23 maggio 2022 12:08

Lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello dei mari, come tutti sanno (o almeno dovrebbero sapere), ci stanno trasportando verso una catastrofe ambientale che a sua volta provocherà una catastrofe umana.

L’ondata di calore che ha colpito l’Asia meridionale è una delle manifestazioni del cataclisma ambientale in corso. Per diversi giorni Jacobabad, nella provincia pachistana del Sindh, è stato uno dei posti più caldi del pianeta. Moltissime persone sono morte nel subcontinente a causa di colpi di calore e disidratazione. Sono le vittime del cambiamento climatico, decedute solo perché il genere umano ha sostenuto idee fuorvianti sul riscaldamento del pianeta o non ha prestato attenzione a chi aveva previsto questa situazione.

Dalla loro comparsa sulla Terra, gli umani consumano le risorse del pianeta e, da molti decenni a questa parte, stanno emettendo troppa anidride carbonica nella sua atmosfera. Anche adesso le economie in crescita come l’India e la Cina non sono interessate a impegnarsi per ridurre le emissioni, nel timore che questo possa fermare la crescita delle loro economie.

Il fatto che le conseguenze della catastrofe climatica non sono contenute dai confini nazionali rappresenta un problema

Ma è proprio il fenomeno del degrado ambientale ad aver reso evidente quanto la concezione che vuole lo stato nazionale come unità politica fondamentale si sia rivelata fallimentare. È stata la pace di Vestfalia, firmata nel 1648, a sancire questo principio. I regni e gli imperi hanno lasciato il posto a paesi organizzati e delimitati da precisi confini geografici, e per vivere al loro interno sono diventati necessari dei documenti: un concetto del tutto nuovo per l’epoca. Viaggiatori del passato come Ibn-i Battuta non si sono mai dovuti preoccupare di passaporti e visti, come invece devono fare oggi gran parte dei viaggiatori. Negli anni di Vestfalia, però, questi erano concetti nuovi, compresa l’idea che il governo del popolo avrebbe sostituito il sistema delle monarchie sopravvissuto per centinaia di anni. È molto probabile che così come noi non riusciamo a immaginare un mondo senza stati nazione, i nostri antenati ridessero all’idea di paesi non governati dai re e dalle loro corti.

Un problema transnazionale
I nuovi sistemi emergono quando quelli vecchi non funzionano più o perché le loro lacune li rendono inutili. Nella situazione in cui ci troviamo oggi, il fatto che le conseguenze della catastrofe climatica non sono contenute dai confini nazionali si sta dimostrando un problema. Quando gli agricoltori del Punjab indiano bruciano stoppie nei loro campi, il fumo arriva fino a Lahore e per giorni la qualità dell’aria è talmente bassa che è difficile vedere anche a pochi metri di distanza. E lo smog non è l’unico problema, come hanno evidenziato molti esperti. Il fatto che il bacino idrico del Pakistan sia a valle rispetto all’India crea anche un problema di sicurezza ed è una spada di Damocle sospesa sulle teste di noi tutti. Se le ultime settimane hanno mostrato che inferno può essere il cambiamento climatico, immaginiamo questa situazione moltiplicata esponenzialmente nel momento in cui i fiumi si prosciugheranno in modo permanente e la siccità diventerà la norma.

Il modello dello stato nazione è fallimentare anche perché i suoi meccanismi obsoleti non riescono a gestire il cambiamento climatico in modo giusto o equo. Per esempio, il Pakistan emette una quantità di anidride carbonica inferiore a quella della maggior parte degli altri paesi. Eppure, non gli sono mai state concesse risorse adeguate per far fronte alle sfide climatiche delle quali è responsabile solo in minima parte.

Per gli ambientalisti il pianeta si sta trasformando in una unità politica: i suoi limiti e la sua salvaguardia a livello globale diventeranno l’obiettivo della cooperazione mondiale

Ne consegue dunque che una delle sfide più significative della nostra epoca non si conforma al modello dello stato nazione. I progressi negli studi sulle carote di ghiaccio ricavate dai ghiacciai che si stanno sciogliendo consentono agli esseri umani di conoscere il loro impatto sul pianeta andando indietro di migliaia di anni. Grazie alla nascita e alla diffusione delle scienze della terra come la geologia, la geofisica e altre, enormi quantità di dati sono stati convertite in numeri che possono essere inseriti in modelli in grado di prevedere cosa aspettarci in futuro. Gli umani non erano in grado di fare previsioni sul clima quando è stata firmata la pace di Vestfalia. Adesso, invece, possono farlo con grande accuratezza ed è grazie a questo genere di tecnologia se la nostra specie riuscirà a comprendere davvero la gravità della catastrofe climatica che il pianeta sta affrontando.

Cooperazione planetaria
Anche se le guerre come quella scoppiata in Ucraina sembrano sottolineare l’importanza dello stato nazione e la costruzione di muri ai confini, eretti come intorno alle fortezze, suggeriscono un’interpretazione il più letterale possibile di questa forma di organizzazione politica, questi fenomeni potrebbero anche rappresentare l’ultimo singulto dello stato nazione. Gli ambientalisti sostengono che il pianeta si sta trasformando in una unità politica: i suoi limiti e il suo benessere globale diventeranno l’obiettivo della cooperazione mondiale. In parole povere, la valutazione del tempo sulla scala di millenni resa possibile dai progressi scientifici e dai supercomputer sottolinea la necessità di creare nuove unità politiche, pensate per interconnettere tutti e tutto sul pianeta. Anche la pandemia, probabilmente, è stata causata dall’aumento delle temperature, e anche questa sfida globale ha mostrato l’incapacità degli stati nazionali di elaborare una risposta collettiva.

Il passaggio dallo stato nazione alla cooperazione planetaria è inevitabile. La prospettiva di lungo periodo sullo stato del nostro pianeta che possiamo estrarre dai ghiacciai ha svelato com’era la Terra molto prima che facessero la loro comparsa gli esseri umani. Il pianeta sta diventando più caldo, ambienti naturali si stanno perdendo e noi continuiamo a scherzare con questa catastrofe. Il modello e l’ordinamento politico dello stato nazione non ha prodotto gli anticorpi per arginare la più grande minaccia per il nostro pianeta. Forse è il momento di pensare a un nuovo modello.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano pachistano Dawn. Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede in Asia. Ci si iscrive qui.

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