28 ottobre 2018 09:57

La legalizzazione del consumo di cannabis per le persone di più di 18 anni, in Canada, è una svolta epocale nelle politiche pubbliche del paese.

È stata proposta dal governo per promuovere la salute pubblica, in un momento in cui il Canada deve fare i conti con uno dei più alti consumi di cannabis nei paesi industrializzati, anche tra gli adolescenti.

Nel frattempo il Canada fatica a contenere un altro problema legato alle dipendenze, ma di natura totalmente diversa: l’epidemia di overdose da oppioidi, composti chimici di sostanze psicoattive contenute in alcuni farmaci. Alimentata dalla vendita di droghe illegali miscelate con il fentanyl e altre sostanze analoghe, questa epidemia rappresenta la più grave crisi sanitaria che il Canada deve affrontare dai tempi della comparsa dell’hiv negli anni ottanta.

Gli esperti sono d’accordo sulla necessità di risposte nuove sostenute da evidenze scientifiche. Esperti di sanità pubblica, medicina ed economia cercano di capire se la legalizzazione della cannabis possa essere parte della soluzione.

Oppioidi, cannabis e dolore
Le applicazioni sono molte: dall’uso della cannabis per curare il dolore cronico alle sue potenzialità per ridurre la dipendenza da oppiodi.

Un nostro nuovo studio mostra come i pazienti sottoposti a terapie a base di metadone o suboxone contro la dipendenza da oppioidi, sei mesi più tardi avessero più probabilità di ricadute rispetto a chi aveva usato quotidianamente la cannabis.

Quasi un canadese su cinque convive con una qualche forma di dolore cronico. Negli anni novanta le aziende farmaceutiche hanno cominciato a sviluppare e a vendere combinazioni di oppioidi a rilascio lento, presentandole come prodotti sicuri ed efficaci per il trattamento di dolori cronici non tumorali. È noto che gli oppioidi provocano un alto rischio di dipendenza e overdose eppure, ogni anno, figurano in venti milioni di prescrizioni mediche in Canada. L’overdose da farmaci è oggi la principale causa di morte per gli statunitensi di meno di cinquant’anni e in quasi metà di questi casi sono coinvolti oppioidi da prescrizione. Comincia anche a emergere che gli oppioidi potrebbero essere meno efficaci di quanto si pensava nel trattamento di alcuni tipi di dolori cronici non tumorali – per esempio i dolori neuropatici, cioè di natura neurologica.

Se la cannabis diventa legale, le persone la sceglieranno al posto degli oppioidi?

La cannabis, che deriva dalla pianta Cannabis sativa, possiede varie componenti. Tra queste ci sono il tetraidrocannabinolo (thc, la principale componente psicoattiva della cannabis) e il cannabidiolo (cbd). Al di là dei ben noti effetti dei cannabinoidi, alcune nuove ricerche hanno dimostrato che thc e cbd interagiscono con i [sistemi del corpo coinvolti nella regolazione del dolore](https://bjanaesthesia.org/article/S0007-0912(17) (34269-1/fulltext). La scoperta ha spinto i ricercatori a studiare la potenzialità della cannabis al posto degli oppioidi nelle terapie di primo e secondo livello per vari tipi di dolore.

Anche se le ricerche cliniche di alto profilo sulla cannabis sono state ostacolate dallo status illegale della sostanza, e nonostante la bassa o moderata qualità degli studi sperimentali sull’argomento, recenti articoli sullo stato della ricerca sui cannabinoidi per il dolore cronico non tumorale convengono generalmente sul fatto che questi offrano un moderato sollievo al dolore.

Quindi la domanda è: se la cannabis diventa più accessibile, le persone la sceglieranno al posto degli oppioidi?

Prove evidenti e cautele
In un importante studio del 2014, un’équipe di ricercatori ha analizzato i dati provenienti da tutti gli Stati Uniti e relativi a un periodo di dieci anni: negli stati dove si usa cannabis a scopo terapeutico, le morti da oppioidi sono state più basse del 25 per cento rispetto agli stati dove la cannabis medica era rimasta illegale.

Queste analisi hanno spianato la strada ad altre ricerche simili che vertono sui legami tra le leggi sulla cannabis terapeutica negli Stati Uniti e la probabile riduzione di prescrizioni, uso scorretto e dipendenza da oppioidi, oltre ai ricoveri ospedalieri e le overdose non fatalilegate all’uso di queste sostanze. L’aumento di overdose da oppioidi si è arrestato anche dopo la legalizzazione della cannabis per uso personale in alcuni stati degli Stati Uniti, come il Colorado, dove, dopo la legalizzazione della cannabis ricreativa, secondo un recente studio, le morti da oppioidi sono leggermente diminuite rispetto a due altri stati presi in considerazione.

Anche se esiste la tentazione di concludere che un maggiore accesso alla cannabis sia un’efficace soluzione alla crisi degli oppioidi, ci sono vari motivi per essere prudenti quando si analizzano i risultati di questi studi.

Prima di tutto, le leggi sulla cannabis non sono tutte uguali. Il Colorado e lo stato di Washington, per esempio, hanno seguito un approccio commerciale alla legalizzazione della cannabis, che prevede meno restrizioni nella pubblicità e la vendita rispetto a quanto stabilito in Canada.

Queste regolamentazioni influenzano probabilmente la vendita e l’uso dei prodotti derivati dalla cannabis, con probabili ricadute sulle tendenze all’uso di altre sostanze.

Uno studio realizzato da economisti che si occupano di politiche farmaceutiche negli Stati Uniti ha rilevato che l’approvazione della legge sulla cannabis medica, in sé, non ha prodotto cambiamenti nell’uso di oppioidi. Solo quando i ricercatori hanno preso in esame l’accesso alla cannabis tramite la distribuzione nei dispensari medici, hanno effettivamente rilevato una riduzione del 25 per cento delle morti da oppioidi. Questo suggerisce che, se esiste un rapporto di causa/effetto tra cambiamento della legge e overdose da oppioidi, la vendita regolamentata di cannabis potrebbe essere un fattore determinante.

Secondo elemento, attualmente al centro di una discussione tra i ricercatori che si occupano di consumo di sostanze, gli studi sulla popolazione sono limitati dall’impossibilità di osservare i cambiamenti nell’uso di cannabinoidi e oppioidi al livello individuale. È quindi impossibile concludere se sia stata effettivamente la nuova legge a modificare il consumo di oppioidi.

Pazienti e tossicodipendenti
Per capire meglio, dobbiamo osservare da più vicino le diverse sottocategorie di consumatori di oppioidi.

Gli studi tra chi usa la cannabis terapeutica in Nordamerica dimostrano una chiara preferenza per la cannabis rispetto agli oppioidi. Per esempio, circa un terzo dei pazienti-campione coinvolti nel programma Marijuana for medical purposes regulations (Mmpr) del ministero della salute canadese nella British Columbia, riferisce di aver sostituito gli oppioidi prescritti dal medico con la cannabis.

Per i pazienti affetti da dolori cronici che usano la cannabis a scopo terapeutico, questo tipo di sostituzione è ancora più evidente, con un passaggio alla cannabis che riguarda circa i due terzi di un campione di ex pazienti che prendevano farmaci oppioidi in Michigan e che hanno cominciato a usare cannabis terapeutica.

In un altro studio, l’80 per cento dei pazienti che usano cannabis terapeutica in California ha dichiarato che per loro la cannabis, da sola, era più efficace dell’assunzione combinata di cannabis e oppioidi. Più del 90 per cento di loro ha dichiarato che, se fosse disponibile, preferirebbe la cannabis agli oppioidi.

Risultati diversi
Tuttavia altri risultati aggiungono nuovi elementi da considerare. Uno studio australiano durato quattro anni sulla terapia da oppioidi per il dolore cronico non ha rilevato, tra gli utilizzatori di cannabis, una significativa riduzione nell’uso di oppioidi da ricetta o nella gravità del dolore.

Un secondo studio ha analizzato un ampio insieme di dati provenienti dagli Stati Uniti e ha rilevato che le persone che inizialmente dichiaravano di usare cannabis avevano in realtà più probabilità, rispetto ai non utilizzatori, di cominciare a prendere oppioidi da ricetta per usi non medici e di sviluppare un disturbo da uso di oppioidi tre anni dopo.

La serra della Hexo Corp. dove viene coltivata la marijuana a Gatineau, Québec, Canada, 11 ottobre 2018. (Chris Roussakis, Bloomberg/Getty Images)

La discrepanza tra i risultati fa emergere la necessità di ricerche che esplorino il perché questo effetto di sostituzione è presente solo in alcune categorie di pazienti.

Per esempio, cosa succede tra le persone che usano da molto tempo oppioidi senza prescrizione o in modo illegale?

Spesso c’è una sovrapposizione tra il dolore non curato e la dipendenza da sostanze. In un recente studio effettuato a San Francisco, quasi la metà delle persone che si è iniettata le droghe ha indicato il dolore tra i motivi di questo uso.

Le ricerche dei nostri colleghi di Vancouver hanno rilevato che l’insufficiente cura del dolore è diffusa tra chi si inietta le droghe ed è all’origine di un’automedicazione che include il ricorso all’eroina o a oppioidi da prescrizione originariamente intesi per altri scopi. La cosa sta diventando sempre più pericolosa, anche perché quasi il 90 per cento dell’eroina analizzata a Vancouver è risultata contaminata dal fentanyl o da prodotti analoghi.

La cannabis potrebbe quindi essere usata come sostituto degli oppioidi anche tra le persone che fanno uso da tempo di oppioidi illegali? Da uno studio effettuato in California su persone che s’iniettano droga emerge che chi usa la cannabis ricorre meno di frequente agli oppioidi. Servono più ricerche per capire se la cosa dipende direttamente dall’uso di cannabis.

La cannabis contro le dipendenze
Ci sono sempre più prove dei vantaggi dell’uso della cannabis nella cura della dipendenza da oppioidi. È noto che il cbd, la componente non psicoattiva della cannabis, interagisce con vari recettori responsabili della regolazione della paura e dei comportamenti legati all’ansia. Questo suggerisce un potenziale per la cura di vari disturbi di tipo ansioso.

Esistono anche ricerche sul ruolo del cbd nella gestione delle crisi d’astinenza e delle ricadute, due comportamenti strettamente legati all’ansia tra le persone con dipendenza da oppioidi. Una più ampia sperimentazione clinica è attualmente in corso negli Stati Uniti.

Le nostre ricerche mostrano che i pazienti hanno più possibilità di rimanere in terapia contro gli oppioidi nei periodi d’intenso uso di cannabis.

Questi rilievi suggeriscono la necessità di rigorose ricerche sperimentali sull’uso dei cannabinoidi come terapia complementare alla terapia a base di agonisti oppioidi.

Nel frattempo la crisi delle overdose da oppioidi è così grave in alcune regioni che dei gruppi locali di riduzione del danno, come la fondazione High Hope nel quartiere Downtown Eastside di Vancouver, stanno avviando dei programmi che forniscono ai tossicodipendenti l’accesso gratuito ai prodotti derivati dalla cannabis.

Il Canada è il primo paese del G20 a introdurre un quadro di riferimento legale per l’uso della cannabis tra le persone adulte, e questa decisione abbatterà alcune barriere che hanno storicamente rallentato la comprensione delle sue ricadute sulla salute. Alcuni fattori, come il tasso di utilizzo tra i giovani e la guida in stato alterato, saranno indubbiamente tra i più importanti nella valutazione dell’impatto della nuova legge sulla salute e la sicurezza della popolazione. Ma dovremo prepararci a monitorare anche i benefici indiretti per la salute pubblica, soprattutto vista l’attuale emergenza di overdose da oppioidi.

Il Canada dovrebbe sfruttare quest’occasione per capire se, e in che modo, la legalizzazione della cannabis può inserirsi in una più variegata strategia di prevenzione e risposta agli oppioidi.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito su The Conversation.

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