19 marzo 2018 15:00

Ascoltare un proprio pezzo alla radio è sempre una bellissima emozione. Spesso mi capita di entrare in un negozio di scarpe in cui si sente Missing. Sul momento non me ne accorgo, totalmente presa dalla ricerca di uno stivaletto con la cerniera, poi all’improvviso sento un brivido ed è come se fiutassi qualcosa, mentre penso: “Cos’è? C’è qualcosa nell’aria, ma cosa? Dove? Oh, sono io”.

Ultimamente sto invece avendo la gioia di ascoltare qualcosa di nuovo alla radio: il mio nuovo singolo, Queen, è recentemente entrato nella classifica di Bbc Radio 6. Guardando il tutto in prospettiva, erano vent’anni che non mi succedeva, quindi mentirei se dicessi di non essere al settimo cielo.

Molte cose sono cambiate nel mercato discografico in questi vent’anni, ma la radio è ancora e sempre una meta importante. Alla fine non è vero che “video killed the radio star”, come cantavano i Buggles, e nemmeno internet ce l’ha fatta, o quasi.

Allargare la cerchia
Puoi rilasciare tutte le interviste che vuoi o twittare fino ad avere i crampi ai pollici, eppure, nella gran parte dei casi, le uniche persone che raggiungerai sono quelle che comprerebbero comunque il tuo album. Il passaggio radiofonico, invece, permette di allargare la cerchia e catturare anche l’attenzione di chi non conosce la tua voce e, si spera, l’apprezzerà.

Quindi, al momento di lanciare il proprio album, gli artisti sognano di finire in classifica, comprese le playlist create da siti come Spotify, usatissimi per la possibilità di filtrare i brani e personalizzare l’ascolto.

C’è una playlist per ogni stato d’animo – quelle che permettono di caricare le singole tracce, di passare da una voce all’altra, di godere della varietà di scelta – e sono talmente popolari che mi chiedo se gli album fossero davvero così apprezzati come l’industria discografica faceva pensare.

Sinceramente, nessuno pubblica dischi solamente per il proprio piacere personale. Quando lo fai vuoi che gli altri ti ascoltino

Purtroppo so per esperienza che stare in classifica aiuta ma non è una garanzia. Nel 1986 il nostro singolo Come on home è passato senza sosta su Bbc Radio 1 per un paio di settimane ma è rimasto bloccato al 45º posto, e per un po’ nel periodo successivo quelli che contano ci hanno trattato con sufficienza e messi da parte per le ragioni più varie – la canzone era sempre troppo veloce, o troppo lenta, troppo cupa o semplicemente sbagliata per motivi non meglio specificati.

E se poi volevi controllare quante volte fosse trasmesso il tuo disco, dovevi sintonizzarti e ascoltare la radio per intere giornate, il che a volte era davvero sfiancante. Quando nel 1987 uscì il nostro singolo These early days – un brano che avevamo riscritto, riarrangiato e registrato più e più volte nell’intento di realizzare una hit – ho passato giornate intere attaccata a Radio 1, con il solo risultato di sentire in continuazione I should be so lucky di Kylie Minogue, ora dopo ora.

Le cose erano andate un po’ diversamente dopo aver registrato una cover di Rod Stewart, I don’t want to talk about it. Ho parlato di quel momento nel mio libro Bedsit disco queen, descrivendo come il disco sia magicamente volato via dalle nostre mani diritto nella classifica di Bbc 1, come se ne fosse magneticamente attratto. È stato un traguardo mai raggiunto prima per noi. È stato un successo e abbiamo scalato le classifiche provando che a volte l’equazione canzone + radio = primi posti funziona davvero. Anche nei casi in cui non ha funzionato, sono stata comunque felice per ogni passaggio radiofonico: almeno, hai la sensazione di essere ascoltata.

Una domanda ricorrente per dei musicisti è “Per chi scrivete i vostri album?” e la tipica risposta è da sempre: “Semplicemente per noi stessi, poi se anche ad altri piace la nostra musica ben venga”. Questo è in parte vero ma, sinceramente, nessuno pubblica dischi solamente per il proprio piacere personale. Quando lo fai vuoi che gli altri ti ascoltino. Qualsiasi cosa accada dopo, che la gente compri o meno l’album, hai almeno la sensazione di aver avuto la tua chance.

Quindi sono contenta che il mio brano passi in radio in questi giorni. E poi, per certi versi, oggi è tutto più facile. Su Twitter grazie ai bot puoi sapere ogni volta che c’è un passaggio alla radio, così da poter segnare mentalmente un altro punto.

Eppure, in una specie di bizzarro déjà vu musicale, eccomi qui con un nuovo singolo uscito esattamente insieme a quello di Kylie. Il suo si chiama Dancing e il mio Queen: sinceramente, penso che qualcuno, da qualche parte, ci abbia messo lo zampino.

(Traduzione di Maria Chiara Benini)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale britannico New Statesman.

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