23 giugno 2018 12:20

Le prime battute del nuovo singolo dei Florence and the Machine, Hunger (Fame), mi hanno dato i brividi: “A 17 anni ho iniziato a privarmi del cibo”, canta Florence. Ho osservato le mie figlie procedere a tentoni attraverso gli anni dell’adolescenza con l’occhio vigile di un falco, in cerca di un qualsiasi segno o prova di anoressia. Sono in tante a caderne vittime. Le mie sono riuscite a evitarlo, ma non tutte le nostre figlie ce l’hanno fatta.

Questo pensiero ha terrorizzato tutte noi madri. Abbiamo tenuto nota di qualsiasi dimagrimento o pallore, evitando costantemente di parlare del nostro peso o di pronunciare la parola maledetta, dieta. Una delle mie figlie fa la modella e più volte è tornata a casa dopo dei casting per sfilate notando che il lavoro era andato a delle ragazze che sembravano malaticce mentre lei, snella ma non pelle e ossa, non era mai abbastanza magra.

La canzone di Florence offre una panoramica dall’interno del concetto di fame, il suo significato e da dove deriva: “A 17 anni ho iniziato a privarmi del cibo/ pensavo che l’amore fosse una specie di vuoto/ E almeno allora capivo la fame che sentivo/ E non ero costretta a chiamarla solitudine”.

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Riesco a comprendere l’idea che patire la fame dia una sorta di giustificazione e bilanciamento al proprio senso di vuoto interiore benché, il Signore mi è testimone, non sono un’esperta. Eppure questa canzone mi ha ricordato molto Modern girl delle Sleater-Kinney, del 2005: “Il mio piccolo mi ama, ho tanta fame/è la fame a rendermi una ragazza moderna”.

Se vogliamo essere oneste su cosa significa essere donna oggi dobbiamo fare i conti con i discorsi sulla fame. Pensiamo ad esempio all’autobiografia di Roxane Gay, Fame. Storia del mio corpo, libro in cui l’autrice descrive come abbia volontariamente preso peso per proteggersi, per trasformare il suo corpo e farlo diventare non desiderabile e, quindi, potenzialmente meno a rischio.

Un sondaggio la scorsa settimana riportava che 87 donne su 100 sono divorate dai sensi di colpa dopo aver mangiato; lì per lì non sapevo se ridere o piangere, se farmi beffe del sondaggio o farmi prendere dallo sconforto. Personalmente non vengo divorata dai sensi di colpa ma, sì, tengo d’occhio le calorie che ingerisco. Se provo un po’ di vergogna nell’ammetterlo? Sì. Se penso che questo significhi non essere una brava femminista? Non so. Su questo, come sulla maggior parte delle cose, non ho un’idea definita. E così mangio insalate, parlo di vita salutare ed è perfetto, il dottore è molto contento di me. Che brava ragazza!

Le mie amiche e io odiamo le nostre pancette pur sapendo che non hanno nulla che non vada. Siamo orgogliose dei traguardi raggiunti dalle nostre pance, eppure rimpiangiamo i jeans super attillati che portavamo anni fa. Odiamo l’idea stessa di adeguarci a una forma fisica che non corrisponde alla realtà e allo stesso tempo vorremmo pesare qualche chilo di meno.

Un’amica mi mostra una sua vecchia foto: è in spiaggia, in bikini e nel fiore dei suoi vent’anni, e rimaniamo entrambe senza fiato per quanto fosse sexy. Allora citiamo Nora Ephron: “Oh, quanto rimpiango di non aver indossato il bikini per tutto il mio ventiseiesimo anno di vita. Tu che leggi, se sei giovane vai immediatamente a metterti un bikini e non togliertelo fino a che non avrai compiuto 34 anni”. E ridiamo, perché è vero ma anche triste. So bene di non aver bisogno di dimagrire, eppure sono ossessionata dal mantenere il mio peso di sempre e mi ci aggrappo con le unghie anche se il mio corpo si ribella.

Una dolorosa magrezza
Poco tempo fa sono stata intervistata durante il programma Fresh Air della Npr, e Terry Gross si è complimentata per la foto sulla copertina di Amplified heart, un album degli Everything but the Girl di 24 anni fa. Siamo io e Ben, in parte svestiti, con un’espressione assorta e imbronciata, e di una magrezza dolorosamente rock’n’roll. Sono stata d’accordo con lei sul fatto che la foto fosse volutamente un po’ erotica, ma devo ammettere che col senno di poi ciò che vedo, così come guardando il video di Missing, sono solo due persone dall’aspetto malato e che forse stanno sfruttando il fatto di avere dei nuovi corpi inaspettatamente alla moda per far soldi. Ben aveva perso più di venticinque chili durante la sua malattia e anche io ero magra come non sono mai stata né prima né dopo.

In quel periodo siamo stati fotografati da Juergen Teller e anche da Corinne Day, autrice dei famosi scatti di Kate Moss per The Face and Vogue che hanno dato origine allo stile conosciuto come “heroin chic”. Sulla copertina di quel disco entrambi siamo l’immagine stessa della fame, ma siamo anche molto fichi e lo sapevamo. Avevamo un che di affascinante ed eccentrico e alla gente questo piaceva. Era tutto autentico, questo sì, ma oggi non so se dovrei sentirmi in colpa per aver favorito la mitizzazione della magrezza. I corpi sono davvero complicati. Abbiamo tutti fame.

(Traduzione di Mariachiara Benini)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Statesman.

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