Le truppe israeliane e Hamas sono impegnate in combattimenti ravvicinati a Gaza. C’è stata una battaglia di dieci ore in cui Israele ha dichiarato di aver distrutto una delle “roccaforti” dei miliziani palestinesi.
Combattenti di Hamas armati di lanciagranate a razzo e fucili d’assalto si sono scontrati con i soldati israeliani sostenuti da veicoli blindati nelle rovine del nord del territorio assediato.
Palme spezzate, cartelli stradali distrutti e lampioni piegati sono i resti di quella che un tempo era la principale arteria stradale di Gaza nord, come ha riportato un giornalista dell’Afp, mentre era in ricognizione con le truppe israeliane durante una missione “embedded”.
Le bandiere israeliane sventolavano sugli edifici delle località balneari nel nord di Gaza e c’erano pochi segni di presenza umana in mezzo alla distruzione, mentre centinaia di migliaia di persone sono fuggite da una situazione umanitaria disastrosa.
La devastazione della Striscia è il risultato di oltre un mese di guerra tra Hamas e Israele, cominciata da un attacco di Hamas il 7 ottobre a cui Israele ha risposto con un bombardamento aereo e un’offensiva di terra che, secondo il ministero della sanità della Striscia di Gaza, ha ucciso più di 10.500 persone, molte delle quali bambini.
Roccaforte e tunnel
L’esercito israeliano ha dichiarato che le sue truppe hanno preso il controllo di una “roccaforte militare” di Hamas nella zona occidentale di Jabalia, aggiungendo che hanno “finito di mettere in sicurezza il complesso dopo dieci ore di combattimento”.
La battaglia si è svolta sia in superficie sia sottoterra, nella vasta rete di tunnel e basi sotterranee di Hamas, che costituiscono un elemento significativo della capacità di combattere dei miliziani.
Israele ha dichiarato che decine di miliziani sono stati uccisi, aggiungendo che il bilancio complessivo delle truppe israeliane nell’offensiva di terra è salito a 34 morti. Gli intensi combattimenti e l’isolamento del territorio costiero densamente popolato hanno portato a condizioni sempre più insostenibili per i civili.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha esortato a “lavorare per un cessate il fuoco” tra Israele e Hamas a Gaza, aprendo una conferenza a Parigi sugli aiuti al territorio palestinese.
Israele non parteciperà all’incontro, che mira a mobilitare i principali attori coinvolti nella risposta umanitaria della Striscia di Gaza. Tom Potokar, capo chirurgo del Comitato internazionale della Croce rossa, ha descritto la scena dell’ospedale europeo di Khan Yunis, nel sud della Striscia, come “catastrofica”. “Nelle ultime ventiquattr’ore ho visto tre pazienti con dei vermi nelle ferite”, ha dichiarato Potokar all’Afp.
Una consegna di forniture mediche d’emergenza ha raggiunto l’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mercoledì. È solo la seconda dall’inizio della guerra, hanno dichiarato le Nazioni Unite e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), e i rifornimenti sono “ben lungi dall’essere sufficienti per rispondere ai bisogni della popolazione”.
In fuga dai combattimenti
L’esercito israeliano ha dichiarato che 50mila persone sono fuggite dalle loro case nel nord di Gaza, un numero in forte aumento rispetto all’inizio della settimana, che si aggiunge agli oltre 1,5 milioni di sfollati dall’inizio del conflitto.
L’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) ha confermato che le condizioni umanitarie sono disperate nelle zone a nord del distretto centrale di Wadi Gaza. “Centinaia di migliaia di persone rimaste a nord di Wadi Gaza, compresi gli sfollati interni, stanno affrontando una situazione umanitaria disastrosa e lottano per assicurarsi le quantità minime di acqua e cibo per sopravvivere”.
Il capo dell’Ocha, Volker Turk, ha condannato Israele per i bombardamenti. “La punizione collettiva da parte di Israele nei confronti dei civili palestinesi equivale a un crimine di guerra, così come l’evacuazione forzata dei civili”, ha dichiarato ai giornalisti al valico di Rafah con l’Egitto, l’unica via di uscita da Gaza che non è controllata da Israele.
Un funzionario militare israeliano ha insistito sul fatto che la Striscia di Gaza non si trova in una crisi umanitaria, pur riconoscendo che il territorio palestinese deve affrontare diverse sfide nel contesto della guerra in corso.
“Sappiamo che la situazione civile nella Striscia di Gaza non è facile”, ha dichiarato il colonnello Moshe Tetro, responsabile del coordinamento e del collegamento presso il Cogat, l’organismo del ministero della difesa israeliano che gestisce la questione dei civili a Gaza.
Sono in corso degli sforzi per riprendere le evacuazioni dei feriti palestinesi e dei palestinesi che hanno la doppia cittadinanza verso l’Egitto, dopo che le partenze sono state bloccate l’8 novembre, con Hamas che ha incolpato Israele per la mancata approvazione dell’elenco dei feriti da lasciare.
Più di cento camion che trasportavano aiuti sono entrati a Gaza dall’Egitto, ha dichiarato l’Ocha, portando il totale a 756 dall’inizio dei combattimenti il mese scorso, un numero inferiore a quello che sarebbe entrato normalmente a Gaza in soli due giorni prima della guerra.”Gli aiuti che arrivano sono uno stillicidio”, ha detto Turk.
Dopo la guerra
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ripetutamente rifiutato un cessate il fuoco, a meno che non vengano rilasciati i 239 ostaggi che sono nelle mani di Hamas a Gaza.
Secondo una fonte vicina ad Hamas, sono in corso trattative per il rilascio di dodici ostaggi, tra cui sei americani, in cambio di un cessate il fuoco di tre giorni. Gli Stati Uniti hanno appoggiato il rifiuto di Israele di un cessate il fuoco e i ministri degli esteri del G7, riuniti in Giappone, hanno dichiarato di sostenere “pause e corridoi umanitari”.
Con l’intensificarsi della guerra, sono aumentate anche le discussioni sul possibile futuro di Gaza una volta terminato il conflitto, dopo che Netanyahu questa settimana ha dichiarato che Israele vuole controllare la “sicurezza” del territorio.
Il portavoce del consiglio di sicurezza nazionale statunitense, John Kirby, ha dichiarato che è plausibile che “almeno per un certo periodo di tempo” le forze israeliane rimangano a Gaza “per gestire le conseguenze immediate e la situazione della sicurezza”.
Israele si è impadronito di Gaza nella Guerra dei sei giorni del 1967 e si è ritirato nel 2005. Due anni dopo, Hamas ha preso il controllo e Israele ha imposto un blocco paralizzante.
A lungo termine, il segretario di stato americano Antony Blinken ha suggerito che l’Autorità nazionale palestinese (Anp), che esercita un’autonomia limitata solo in alcune parti della Cisgiordania occupata, dovrebbe riprendere il controllo di Gaza.
“Deve esserci una governance guidata dai palestinesi e Gaza deve essere unificata con la Cisgiordania sotto l’Autorità nazionale palestinese”, ha dichiarato Blinken, ribadendo l’appello degli Stati Uniti, che da tempo chiedono una soluzione a due stati.
Dallo scoppio della guerra, la violenza ha attanagliato anche la Cisgiordania, il cui ministero della sanità ha dichiarato che sei palestinesi sono stati uccisi giovedì durante un raid dell’esercito israeliano nella città settentrionale di Jenin.
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