Un bombardamento israeliano a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, il 6 gennaio 2024. (AFP)

L’8 gennaio un capo militare del gruppo libanese Hezbollah, alleato di Hamas e sostenuto dall’Iran, è stato ucciso dall’esercito israeliano nel sud del Libano, mentre il segretario di stato statunitense Antony Blinken è atteso in Israele.

“Il capo militare ucciso aveva un ruolo di primo piano nelle operazioni di Hezbollah nel sud del Libano”, ha dichiarato una fonte della sicurezza, secondo la quale il raid è avvenuto nel villaggio di Kherbet Selm, a circa dieci chilometri dal confine con Israele.

Le tensioni sono aumentate dopo l’eliminazione, avvenuta il 2 gennaio a Beirut, in Libano, del numero due di Hamas, Saleh al Arouri, nel corso di un raid aereo attribuito a Israele.

Dall’8 ottobre gli scontri al confine tra Israele e il Libano hanno causato più di 180 vittime in quest’ultimo paese, tra cui almeno 135 miliziani di Hezbollah, secondo un conteggio dell’Afp. Nove soldati e cinque civili sono invece rimasti uccisi nel nord d’Israele.

L’aumento delle violenze nell’area sta alimentando i timori di un allargamento del conflitto in corso tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, che è entrato nel suo quarto mese.

Al termine di una visita in Qatar, Blinken ha affermato che un allargamento del conflitto è una possibilità concreta. Il principale obiettivo del viaggio di Blinken in Israele sarà quindi evitare un coinvolgimento del Libano, oltre a convincere il governo israeliano a fare di più per proteggere i civili palestinesi e avviare un dialogo sul dopoguerra.

Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di 23.084 persone, circa l’1 per cento della popolazione del territorio. L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha invece causato circa 1.140 vittime in Israele, secondo un conteggio dell’Afp basato sugli ultimi dati israeliani disponibili.

Secondo le Nazioni Unite, l’offensiva israeliana ha costretto l’85 per cento degli abitanti della Striscia di Gaza a lasciare le loro case e causato una crisi umanitaria catastrofica.

L’8 gennaio il ministero della salute di Hamas ha affermato che nelle ultime ventiquattr’ore almeno 73 persone sono morte nei raid israeliani nel centro della Striscia di Gaza.

L’esercito israeliano ha annunciato di aver ucciso a Khan Yunis, la grande città meridionale, “dieci terroristi che si preparavano a lanciare razzi verso Israele”.

Due giornalisti che lavoravano per l’emittente qatariota Al Jazeera, Mustafa Thuraya e Hamza Dahdouh, sono rimasti uccisi il 7 gennaio in un attacco israeliano contro il veicolo su cui viaggiavano. Un terzo giornalista è rimasto gravemente ferito.

Hamza Dahdouh era il figlio del capo dell’ufficio di Al Jazeera nel territorio palestinese, Wael Dahduh, che aveva già perso la moglie e due figli in un attacco israeliano a ottobre.

A Deir al Balah, nel centro della Striscia di Gaza, più di seicento pazienti hanno dovuto lasciare l’ospedale Al Aqsa a causa dell’intensificarsi delle ostilità, ha affermato l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Il conflitto ha causato un aumento delle violenze anche in Cisgiordania, territorio palestinese occupato da Israele dal 1967.

Nove palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania il 7 gennaio, sette dei quali in un raid israeliano a Jenin.