Il presidente keniano William Ruto ha annunciato l’11 luglio la destituzione della quasi totalità del suo governo, con l’eccezione del vicepresidente Rigathi Gachagua e del ministro degli esteri e primo segretario di gabinetto, Musalia Mudavadi, due settimane dopo un’ondata di proteste contro il governo.

“Dopo aver ascoltato il popolo keniano e valutato con attenzione l’operato del governo, ho deciso di destituire con effetto immediato tutti i ministri”, ha affermato Ruto nel corso di una conferenza stampa al palazzo presidenziale di Nairobi. “Solo il ministro degli esteri e il vicepresidente conserveranno i loro incarichi”.

“Ora effettuerò ampie consultazioni con i partiti e la società civile, e poi nominerò un governo che sia in grado di risolvere in tempi rapidi i problemi del paese”, ha aggiunto.

Una delle leader del movimento di protesta antigovernativo in Kenya, Hanifa Adan, ha accolto con soddisfazione l’annuncio di Ruto: “Il presidente ha licenziato il governo! Il potere è sempre del popolo”.

Il 26 giugno Ruto aveva ritirato un progetto di legge di bilancio che prevedeva l’introduzione di nuove tasse e che aveva innescato un’ondata di proteste.

Il giorno prima un gruppo di manifestanti aveva preso d’assalto il parlamento, mentre la polizia aveva reagito sparando proiettili veri.

Secondo la Kenya national commission on human rights (Knchr), un organismo ufficiale che si occupa di diritti umani, le violenze hanno causato almeno 39 vittime dal 18 giugno.

Il governo sosteneva che il progetto di legge di bilancio fosse necessario per restituire al paese, fortemente indebitato, un certo margine di manovra.

La stretta fiscale aveva però fatto emergere il malcontento nei confronti di Ruto, che al momento della sua elezione, nell’agosto 2022, aveva promesso di migliorare le condizioni di vita dei poveri.