L’Australia è pronta a vietare l’uso dei social network fino a 14 o 16 anni, in base a un progetto di legge che entrerà in vigore entro la fine dell’anno, ha annunciato il 10 settembre il primo ministro Anthony Albanese.

Definendo i social network una “piaga per i ragazzi”, Albanese ha precisato che l’età minima per connettersi a Facebook, Instagram e TikTok non è stata ancora decisa.

“Vorrei vedere i ragazzi sui campi da calcio e da tennis, e nelle piscine, invece che davanti a uno schermo”, ha dichiarato il premier di centrosinistra all’emittente tv Abc. “Vorrei che facessero esperienze reali con persone in carne e ossa, anche perché i danni prodotti dai social network sono ormai chiari”.

Albanese si è detto personalmente favorevole a un’età minima di 16 anni.

Il leader dell’opposizione conservatrice, Peter Dutton, ha garantito il suo sostegno al progetto di legge.

“Ogni giorno di ritardo lascia i ragazzi vulnerabili di fronte alle minacce dei social network”, ha affermato.

Secondo Daniel Angus, professore della Queensland university of technology, il piano del governo è però “precipitoso e miope”, in quanto precede la relazione finale di un’inchiesta parlamentare sugli effetti dei social network sulla società australiana.

“Il progetto di legge potrebbe produrre danni più gravi escludendo i ragazzi da una partecipazione attiva e sana al mondo digitale”, ha aggiunto. “Inoltre, molti ragazzi potrebbero essere spinti verso spazi online di qualità inferiore”.

Secondo Toby Murray, professore associato d’informatica e tecnologie dell’informazione dell’università di Melbourne, non è neanche certo che un limite d’età sia applicabile.

“Il governo sta sperimentando una tecnologia di verifica dell’età, ma sappiamo che i metodi attuali sono inaffidabili, facili da aggirare o rischiosi per la privacy degli utenti”, ha aggiunto.

Albanese sostiene però che da troppo tempo i genitori attendono misure concrete per proteggere i figli dalle molestie online e dai contenuti pericolosi.