Il 20 gennaio Israele ha scarcerato novanta prigionieri palestinesi poche ore dopo la liberazione di tre ostaggi israeliani da parte di Hamas, come previsto dall’accordo di tregua entrato in vigore nella Striscia di Gaza il 19 gennaio.

La tregua è entrata in vigore alle 9.15 gmt (ora media di Greenwich) del 19 gennaio, con quasi tre ore di ritardo, perché Hamas aveva fornito in ritardo i nomi dei tre ostaggi israeliani che sarebbero stati liberati. Il gruppo palestinese aveva giustificato il ritardo citando “complicazioni sul terreno” e “i bombardamenti israeliani”.

Nel tardo pomeriggio un alto funzionario di Hamas ha dichiarato all’Afp che tre donne erano state consegnate al Comitato internazionale della croce rossa nella città di Gaza. Poco dopo sono state accolte in Israele e trasferite in ospedale.

Si tratta di Romi Gonen (24 anni), Emily Damari (28 anni), che ha la doppia nazionalità israeliana e britannica, e Doron Steinbrecher (31 anni), che ha la doppia nazionalità israeliana e romena.

Poco dopo la mezzanotte l’Autorità penitenziaria israeliana ha affermato che “novanta terroristi” erano stati scarcerati dalla prigione militare di Ofer, nella Cisgiordania occupata, e da un centro di detenzione a Gerusalemme.

Centinaia di persone in festa hanno accolto gli autobus che trasportavano i prigionieri rilasciati lungo la strada tra Beitunia e Ramallah, sede dell’Autorità nazionale palestinese (Anp).

Intanto, nella Striscia di Gaza, migliaia di sfollati palestinesi si sono messi in marcia verso casa, in un paesaggio apocalittico.

L’entrata in vigore della tregua, alla vigilia del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, ha alimentato le speranze di una pace duratura nel territorio palestinese, devastato da più di quindici mesi di guerra, anche se il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha avvertito che Israele “si riserva il diritto di riprendere l’offensiva se necessario”.

Hamas ha invece affermato che il rispetto della tregua “dipende da Israele”.

Tra l’orario previsto per l’inizio della tregua e la sua effettiva entrata in vigore Israele ha condotto alcuni attacchi che hanno causato la morte di otto palestinesi, secondo la difesa civile della Striscia di Gaza.

Annunciato il 15 gennaio dai paesi mediatori (Qatar, Stati Uniti ed Egitto), l’accordo di tregua punta, secondo Doha, a “chiudere definitivamente la guerra”.

La prima fase della tregua, che durerà sei settimane, prevede il rilascio di trentatré ostaggi israeliani in cambio di circa 1.900 prigionieri palestinesi, l’aumento degli aiuti umanitari e il ritiro dell’esercito israeliano dalle aree densamente popolate.

La seconda fase prevede il rilascio degli ultimi ostaggi e il ritiro completo dell’esercito israeliano, mentre la terza prevede la ricostruzione della Striscia di Gaza e la restituzione dei corpi degli ostaggi morti in prigionia.

L’accordo di tregua prevede anche la scarcerazione di 236 palestinesi condannati all’ergastolo, che dovranno però essere trasferiti all’estero, principalmente in Qatar e Turchia.

Un alto funzionario di Hamas ha dichiarato all’Afp che la prossima liberazione di ostaggi israeliani è prevista il 25 gennaio.

Pochi minuti dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco, le Nazioni Unite hanno annunciato l’arrivo nella Striscia di Gaza dei primi camion con gli aiuti umanitari.

Secondo il governo egiziano, l’accordo prevede “l’ingresso di seicento camion al giorno”.

Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato la morte di 46.913 persone. L’attacco di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre ha invece causato almeno 1.210 vittime in Israele, secondo un conteggio dell’Afp basato sugli ultimi dati israeliani disponibili.