Non c’è campagna più giusta di quella per la liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza. La loro prigionia è un atto criminale. Questa campagna, però, è venata d’ipocrisia e immoralità. Fa distinzioni tra il sangue dell’uno e il sangue dell’altro, tra alcuni esseri umani e altri. Per questo è difficile abbracciarla senza riserve. Non si possono criticare le famiglie degli ostaggi; loro combattono per la cosa più preziosa che hanno. Ma la campagna pubblica, diventata internazionale, non può essere considerata corretta dal punto di vista etico se si concentra solo sul destino degli israeliani.

Ci sono 98 prigionieri israeliani nelle mani di Hamas, mentre i palestinesi nelle carceri israeliane sono forse cento volte più numerosi. Anche loro sono ostaggi, dietro le sbarre senza processo o avvocato, senza visite della Croce rossa e senza poter mandare messaggi alle famiglie. La maggior parte è innocente, così come i prigionieri israeliani, e la crudeltà nei loro confronti non si discosta da quella di Hamas. Ignorarne la sorte equivale a usare il peggiore dei doppi standard.

Gli ostaggi israeliani sono tenuti a marcire e a soffrire in modi inimmaginabili, ma nelle stesse condizioni si trovano centinaia di prigionieri palestinesi nelle strutture di tortura gestite dallo stato ebraico

In Israele non si fa alcun cenno agli ostaggi palestinesi. Non meritano neppure di essere definiti tali. In fondo cos’è il dottor Hussam Abu Safiya, il direttore dell’ospedale Kamal Adwan, se non un ostaggio? Israele ha prima cercato di farlo sparire, come fa Hamas, finché ha ammesso di tenerlo prigioniero. Il rischio per la sua vita è serio come quello che corrono tutte le persone tenute prigioniere da Hamas. Almeno 68 palestinesi sono morti in carcere a causa delle torture, delle violenze o della carenza di cure mediche.

Considerato che alcuni degli ostaggi israeliani sono deceduti nel corso di operazioni dell’esercito di Tel Aviv, si potrebbe dire che lo stato ebraico ha provocato la morte di più prigionieri tenuti sotto la sua custodia di quelli causati da Hamas tra i suoi sequestrati. Gli ostaggi israeliani sono tenuti a marcire e a soffrire in modi inimmaginabili, ma nelle stesse condizioni si trovano centinaia di prigionieri palestinesi nelle strutture di tortura gestite dallo stato ebraico. Le famiglie non sono informate sulla loro sorte, e nessuno nel mondo lotta per la loro liberazione.

Un recente rapporto dell’attivista Jonathan Pollak, pubblicato su Haaretz, ha rivelato come stanno quelli sopravvissuti al carcere. Non si possono concepire condizioni più crudeli. Come si possono leggere queste descrizioni agghiaccianti e attaccare un nastro giallo alla portiera dell’auto solo per gli ostaggi israeliani? Come si può lottare per la loro liberazione ignorando cosa succede nello stato ebraico?

La campagna per il rilascio degli ostaggi di Hamas non perderebbe un briciolo della sua forza se comprendesse anche la richiesta di liberazione dei palestinesi. Donald Trump minaccia che se gli israeliani non saranno liberati prima dell’inizio del suo mandato si scatenerà l’inferno. Cosa ne dice degli altri, signor presidente? Non soffrono anche loro abusi orrendi? Legga le testimonianze fornite da Pollak: “Non siamo esseri umani lì, siamo carne in putrefazione”, ha detto Nazar, un ostaggio liberato. La fame, la perfidia delle guardie, la tortura e gli abusi non sono meno crudeli di quelli commessi da Hamas, e in questo caso li commette lo stato.

Un luogo dove i prigionieri chiedono aiuto per uno dei loro amici che sta morendo dopo essere stato torturato è peggiore dell’inferno. Un posto dove gli esseri umani sono ammassati uno sopra all’altro e picchiati senza pietà, scatenando i cani contro di loro, non è di certo migliore dei tunnel di Hamas. Come si può ignorare tutto questo? È etico ignorarlo? È saggio?

Il modo in cui Israele tratta i suoi prigionieri non fa che limitare il suo diritto a chiedere il rilascio degli ostaggi israeliani. I familiari delle persone imprigionate da Hamas avrebbero dovuto essere i primi a capirlo.

Nel mondo non c’è alcun dibattito sugli ostaggi palestinesi e queste persone non esistono nel sofisticato sistema di propaganda israeliana. È una distinzione etica inaccettabile. La maggior parte di loro, tra l’altro, non fa parte della Nukhba, i corpi speciali di Hamas, e comunque anche questi individui hanno dei diritti. Ma a qualcuno interessa? ◆ fdl

Questo articolo è uscito sul quotidiano israeliano Haaretz.

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Questo articolo è uscito sul numero 1597 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati