28 settembre 2018 11:03

Gentile bibliopatologo,
sono una giovane bibliomane con una strana perversione su cui non posso non interrogarmi: finisco sempre con l’avvitarmi in relazioni con giovanotti adusi a letture che ritengo mediocri e insulse. Se in un primo tempo mi limito a sorridere con degnazione dinanzi all’ultimo titolo che il cavaliere di turno fa mostra di aver letto, con l’avanzare della relazione mi crogiolo nella mia presunzione di essere una lettrice migliore del malcapitato amante, fino a imporgli, con un astuto gioco di moine e bronci passivo aggressivi, la lettura dei libri che ho scelto per lui. Ultimamente, però, nutro una profonda attrazione erotica per un bibliomane conclamato, con una biblioteca sterminata dinanzi alla quale la mia collezione personale di libri rari intimidisce. Mi scopro mio malgrado a covare un’invidia profonda per il mio nuovo amico: che sia una variante bibliopatologica dell’invidia del pene di freudiana memoria?

-N.

Cara N.,
in questa gara a chi ha la biblioteca più grossa, il tuo nuovo amico superdotato potrebbe tirar giù dallo scaffale il primo volume della Psicologia della donna di Helene Deutsch – che ovviamente possiede nell’edizione Einaudi del 1957 –, aprirlo al capitolo “La donna attiva: il complesso di virilità” e metterti sotto il naso questo passo a pagina 300, dove è riassunto un saggio di Karl Abraham del 1920 sulle manifestazioni del complesso di castrazione nella donna:

Abraham distingue due tipi di reazione nelle donne che non hanno superato l’invidia del pene: l’appagamento del desiderio e la vendetta. La donna del primo tipo è dominata dalla fantasia inconscia che essa possiede il pene, e cerca quindi di assumere la parte virile. (…) La donna intellettuale, specialmente, con la sua tipica sopravvalutazione dei valori intellettuali, appartiene a questa categoria. Secondo Abraham essa cerca di realizzare qualcosa d’importante o comunque di virile nel campo intellettuale, per compensare il fatto d’essere priva del pene. Il tipo vendicativo è spinto dal desiderio di prendersi una rivincita sull’uomo che è in possesso di questo privilegio; molte difficoltà nella vita erotica e vari sintomi di nevrosi sono manifestazioni di quest’attitudine vendicativa.

I due tipi, diceva Abraham, possono variamente combinarsi in uno – ed è, credo, il tuo caso. Ricapitolando: scegli un giovanotto di mediocri letture (dunque, nella tua trama di associazioni mentali, di insufficiente virilità) e lo sproni a dotarsi di uno scaffale più appagante, con il prevedibile effetto di farlo sprofondare in un vortice di inadeguatezza, di impotenza libresca, diciamo pure in un complesso di castrazione culturale. Me lo immagino, questo poveretto: viene da te tutto fiero con in mano Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach, tu glielo abbatti in volo con un’occhiataccia fulminante, considerandolo troppo dozzinale, e due settimane dopo te lo ritrovi, con un sorriso terrorizzato, a far finta di leggere Il supermaschio di Alfred Jarry.

Poi però un giorno incontri il bibliomane conclamato, il John Holmes dei libri, e i ruoli si capovolgono: la dimensione artistica della sua collezione di volumi ti agita davanti agli occhi il fantasma della castrazione, ti fa sentire improvvisamente manchevole, e vorresti possedere la sua enorme biblioteca; nel senso, molto letterale, che non ti basta ottenere libero accesso a essa, vuoi proprio averla in casa tua. Lo schema di Abraham a questo punto prevede una vendetta di qualche tipo, e chissà quale metodo escogiterai. Ti immagino aggirarti nottetempo tra i suoi scaffali con un tagliacarte, come una Lorena Bobbitt, a mutilare in segreto le sue edizioni rare.

Ma che discorso è, mi obietterai, non si può essere donne e bibliomani senza troppi complessi? Certo che si può; ma la psicoanalisi delle origini era, se non proprio maschilista, quantomeno molto fallocentrica. Da bravo bibliomane sono andato a ripescare il saggio di Abraham, e ti rivelerò che dice anche di peggio: per lui la donna intellettuale, al pari della femminista, è un caso di omosessualità repressa. “Queste donne non negano consciamente la propria femminilità”, ma per coprire le loro pulsioni segrete “proclamano di solito che questi interessi sono femminili tanto quanto maschili”. Pensa un po’: donne che amano leggere! Dove arriveremo, di questo passo? Qualche decennio prima Cesare Lombroso aveva portato, come dimostrazione dello stesso assunto, una “tavola di alcune donne geniali dei nostri tempi – che paiono uomini travestiti”.

A scanso di equivoci, io non sto abbracciando questo antico e radicatissimo stereotipo misogino. Voglio solo insinuarti il dubbio che forse, senza avvedertene, lo stai abbracciando tu.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it

Dal 5 al 7 ottobre Guido Vitiello terrà un workshop sull’arte della recensione al festival di Internazionale a Ferrara.

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