20 ottobre 2017 17:50

La battaglia dei sessi firmato da Jonathan Dayton e Valerie Faris, la coppia di registi di Little Miss Sunshine, ricostruisce un fatto realmente accaduto. Cioè l’incontro di tennis del settembre del 1973 tra Bobby Riggs e Billie Jean King. Non era la prima esibizione tra Riggs, che aveva toccato l’apice della sua carriera negli anni quaranta, contro una tennista.

Sempre nel 1973, Riggs aveva sconfitto facilmente l’australiana Margaret Court, ma solo dopo che Billie Jean King, che da tempo si batteva per creare un circuito femminile professionistico, aveva declinato la sfida. La sconfitta di Court, per una donna impegnata politicamente come King, andava cancellata. E così, a qualche mese di distanza, si svolse la nuova esibizione. L’incontro fu ribattezzato Battle of sexes, fu molto pubblicizzato, fece il tutto esaurito e fu seguito in tv da circa 90 milioni di persone in tutto il mondo.

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Come ricorda Dana Stevens su Slate, all’inizio del 1973 c’era stata una celebre sentenza della Corte suprema statunitense che regolava il diritto all’aborto a livello federale e solo l’anno prima erano cadute delle pesanti discriminazioni nei confronti delle donne nel mondo dell’istruzione, fondamentale tra l’altro per l’accesso allo sport da parte delle donne. Comprensibile che, come ha detto lei stessa più volte, Billie Jean King si sentisse chiamata in causa contro una specie di reazione sciovinista e antifemminista a un mondo che cambiava inesorabilmente.

La Battle of sexes è un evento entrato nella storia del costume statunitense ed è stato raccontato in un film tv del 2001 e in una serie di documentari e speciali tv. Ma come evento sportivo in sé non fu una cosa memorabile. E quindi nel film c’è spazio anche per esplorare matrimoni e relazioni sentimentali dei protagonisti. Ma anche qui niente di sconvolgente. Paradossalmente è forse a livello politico che, in un momento come questo, La battaglia dei sessi ha qualcosa da dire, anzi da ricordare. Nei ruoli di Billie Jean King e Bobby Riggs ci sono i solidissimi Steve Carell ed Emma Stone.

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Si rimane ben dentro il discorso della parità e dell’identità di genere anche in Una donna fantastica, del regista cileno (di origini argentine) Sebastián Lelio, anche se in un modo completamente e drammaticamente diverso. Il rapporto amoroso tra il maturo imprenditore Orlando e l’aspirante cantante Marina, di vent’anni più giovane, è troncato dalla morte di Orlando. Da quel momento Marina dovrà affrontare la diffidenza e l’ostilità della famiglia di Orlando poco propensa ad accettare che il caro estinto facesse progetti per il futuro con una cameriera transessuale. Sul film di Lelio vi invito a leggere la bella recensione di Francesco Boille che mette in risalto come, in un momento in cui l’identità di genere è un argomento che può definire l’avanzamento della nostra società, le tendenze contrarie ad accettare dei passi avanti si manifestino con una violenza medievale, se non preistorica.

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Il sesso è decisamente al centro del nostro weekend cinematografico. In Nemesi, Sigourney Weaver interpreta una chirurga plastica che decide di vendicarsi di Frank, il killer che le ha ucciso il fratello. Non solo, decide anche che vuole fornire a Frank, un macho sessista e violento, l’occasione per redimersi e fare qualcosa di buono. E così un bel giorno Frank si sveglia nel corpo di Michelle Rodriguez (colonna di Fast and furious). Dopo un comprensibile shock iniziale parte la vendetta di Frank contro la dottoressa che l’ha messo/messa in quella situazione. Saremmo portati a liquidare il tutto come una vaccata, ma l’autore di Nemesi è Walter Hill, vecchia volpe pulp, regista di I guerrieri della notte e 48 ore, che non può essere liquidato in nessun caso anche se è da anni che non si ripete ai livelli degli esordi.

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Se ancora non l’avete visto vi consiglierei di recuperare Nico, 1988 di Susanna Nicchiarelli che ha realizzato per noi una bellissima Anatomia di una scena. In uscita anche Brutti e cattivi di Cosimo Gomez, con Claudio Santamaria e Marco D’Amore.

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