15 marzo 2018 18:42

Fatih Akin si è rivelato al pubblico internazionale con un grande film, La sposa turca, Orso d’oro a Berlino nel 2004. Dopodiché il regista tedesco di origini turche non è più riuscito a raggiungere quei livelli. The cut, kolossal sul genocidio armeno presentato a Venezia nel 2014, è forse il film che gli è riuscito peggio. Con Oltre la notte – presentato a Cannes nel 2017, la protagonista Diane Kruger ha vinto il premio per la miglior interpretazione femminile – Akin piazza una bella zampata. Il film non ha convinto tutti, specie una parte della critica francese. Le Monde ne parla come di un film di vendetta senza alcuno stile.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Non sono d’accordo. L’intera pellicola (di cui qui sopra vediamo una breve clip) ruota intorno a Diane Kruger nei panni di Katja, una donna di Amburgo sposata con un ex spacciatore di origini curde con cui ha avuto un figlio. L’uomo, dopo essere stato in carcere, lavora in un centro che offre sostegno legale a migranti e rifugiati. Senza voler rivelare troppo della trama, si può dire che Katja e la sua famiglia viaggiano su binari rassicuranti. Poi ovviamente succede qualcosa che sconvolge tutto. Piano piano tutto e tutti (famiglia, polizia, legge, società) voltano le spalle a Katja, che però non si rassegna.

Akin e Kruger suonano la stessa canzone e questo rende il film una dura e coerente riflessione sull’odio che pervade la società. Non c’è spazio per alcun conforto nella situazione che Katja affronta. E non ne sono offerti agli spettatori.

Sorprendente Kruger, nata in Bassa Sassonia: dopo aver girato il mondo come top model e aver recitato in inglese e in francese, lavora finalmente in un film tedesco.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Rachel di Roger Mitchell è tratto da Mia cugina Rachele, romanzo del 1951 di Daphne Du Maurier. Ambientato in Cornovaglia, racconta la vicenda del giovane Philip Ashley, che accoglie la vedova di suo cugino Ambrose (Ashley era cresciuto con loro dopo la morte dei suoi genitori). Rachel Weisz interpreta Rachel e Sam Clafin è sia Philip sia Ambrose, nei rapidi flashback in cui ci viene mostrato.

Chi ha letto il romanzo da cui è tratto il film o comunque conosce l’opera della scrittrice britannica, sa cosa aspettarsi. E non c’è granché da dire sull’adattamento, molto classico, meno interessante di altri adattamenti recenti come Una vita di Stéphane Brizé o anche Lady Macbeth di Willam Oldroyd. Volendo si può individuare una certa attualità nella figura di una donna che rifiuta l’idea di dover esistere esclusivamente attraverso benevolenti (ma ossessive e infantili) figure maschili. Ma è giusto uno spunto.

Weisz staziona stabilmente (da anni) nella top ten delle mie attrici preferite, e non delude. Ma stavolta ha gioco facile. È come un tennista forte che si sbarazza di uno mediocre al primo turno di un torneo. Il film lambisce le colline sopra Firenze, dove si fa il piacevole incontro con un Pierfrancesco Favino in versione international.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Lara Croft torna sul grande schermo per la terza volta. Nelle precedenti era stata interpretata da Angelina Jolie, ora invece tocca ad Alicia Vikander. Cambia l’interprete ma non il risultato. Il film non ha convinto la critica internazionale. La verità è che Lara Croft è un personaggio complicato a cui dare corpo. Vikander non ha niente che non vada, ma non è Lara Croft, non quella che nel giugno del 1997 finì sulla copertina di The Face. Del resto i videogiochi su Indiana Jones non sono mai stati niente di che, senza Harrison Ford…

Per non veder finire all’asta il castello del padre, lord Richard (Dominic West), Lara è costretta ad accettare l’eredità dei Croft. Questo, oltre al maniero e altri benefit, comporta anche la ricerca della leggendaria regina dell’antico regno di Yamatai, capace di uccidere un uomo anche solo toccandolo. Richard è scomparso proprio mentre era sulle tracce della regina. A giudicare dalle voci su possibili sequel Lara dovrebbe essere in grado di sopravvivere per godersi l’eredità paterna.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Qualche settimane fa, nelle pagine dei libri di Internazionale, è stata ripresa la recensione del Daily Telegraph di What did Jesus look like?, un libro di Joan E. Taylor, ricercatrice del King’s college di Londra, che s’interroga sul reale aspetto di Gesù, rispetto all’immagine restituita dall’iconografia religiosa. Taylor ha individuato negli ebrei raffigurati nei mosaici di una sinagoga di Doura Europos (antica città siriana, sulle rive dell’Eufrate, non lontano dal confine con l’Iraq) l’immagine più plausibile di come poteva sembrare Gesù.

A giudicare dall’aspetto di Joaquin Phoenix, Garth Davis, regista di Maria Maddalena, non ha tenuto conto del libro di Taylor. Improbabile anche che Maddalena potesse avere l’aspetto di Rooney Mara, nata a una sessantina di chilometri da New York e protagonista del film. Tuttavia, il rigore della ricerca accademica spesso non si sposa con il cinema mainstream. Ma, per chiarire: Rooney Mara è uno dei motivi per vedere il film.

Immagino non sia necessario riassumere la trama. Da leggere invece la recensione di Peter Bradshaw sul Guardian. L’idea di Maria Maddalena, prostituta che dopo essere stata redenta da Gesù lo segue fin sotto la croce, è frutto di una tradizione patriarcale che attraverso la dualità tra Maria vergine e Maria Maddalena riduceva l’immagine della donna a proiezione/accessorio degli uomini. Davis, insieme alle sceneggiatrici Helen Edmundson e Philippa Goslett, prova a salvare Maddalena da questa condanna.

Maddalena è apostola tra gli apostoli, punto di riferimento per Gesù e gli altri seguaci. Secondo Bradshaw, però, la visione degli autori del film non mostra davvero il vangelo da un punto di vista femminile. Non è abbastanza dissacrante per rompere il soffitto di vetro installato dal patriarcato di cui sopra. Non azzardano (come aveva fatto Scorsese con Barbara Hersey, forse mai così sexy, una bella tentazione per il Gesù interpretato da Willem Dafoe), finendo per togliere forza “sovversiva” al film. Nel cast anche Chiwetel Ejiofor nei panni di Pietro e Tahar Rahim in quelli di Giuda, che aggiungono un po’ di caos all’iconografia.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it