Dopo il colpo di stato del 25 ottobre, in tutto il Sudan sono continuate per giorni le proteste di chi chiede il ritorno a un governo guidato da civili. Decine di migliaia di persone hanno partecipato alla grande mobilitazione del 30 ottobre a Khartoum e in altre città. Almeno tre persone sono morte nella repressione violenta delle forze dell’ordine (il bilancio delle vittime dal 25 ottobre è di almeno tredici morti e 165 feriti). “Le misure adottate dalla giunta militare mostrano la confusione al suo interno rispetto al movimento di protesta”, scrive il quotidiano panarabo Al Quds al Arabi, secondo il quale i golpisti cercano di ammansire i manifestanti con concessioni simboliche, come liberare il primo ministro Abdallah Hamdok, per poi metterlo agli arresti domiciliari. Allo stesso tempo stanno facendo salire in modo preoccupante il livello dello scontro. Il 1 novembre erano stati liberati alcuni detenuti che erano in carcere per i loro legami con l’ex dittatore Omar al Bashir, ma i militari hanno fatto retromarcia, scrive Akhbar al Sudan, e licenziato il magistrato che aveva ordinato il rilascio. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1434 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati