Nel campo dell’ipnosi le cose vanno bene. Su YouTube canali come UltraHypnosis offrono video con candele, disegni rotanti e voci suadenti. Alcuni hanno decine di milioni di visualizzazioni. A una conferenza sull’ipnosi in California, David Spiegel ha raccontato il successo della sua app Reveri, che ha più di 650mila utenti. Spiegel non è un influencer, ma uno psichiatra dell’università di Stanford, ed è uno dei molti dottori e ricercatori convinti che l’ipnosi, considerata una pseudoscienza da tanti medici, in realtà meriti maggiore rispetto.
Spiegel e i suoi colleghi stanno esaminando gli effetti dell’ipnosi in contesti che vanno dalla riduzione del dolore durante le operazioni chirurgiche all’alleviamento degli effetti collaterali delle cure per il cancro, fino alle terapie contro l’ansia, la sindrome dell’intestino irritabile (Ibs) e la depressione. Spiegel e Jessie Markovits dello Stanford medical centre sostengono che “se l’ipnosi fosse un farmaco, sarebbe somministrata regolarmente”.
Di solito l’ipnosi prevede due fasi. Durante l’“induzione” il paziente è invitato a concentrarsi sulla voce dell’ipnotizzatore e su ricordi felici. Se tutto va bene, il risultato è uno stato simile a quello che proviamo quando ci troviamo immersi in un film: concentrazione estrema e una percezione alterata del tempo. A questo punto si passa alla fase della “suggestione”, in cui l’ipnoterapeuta suggerisce al paziente che un dolore intenso è in realtà una sensazione di tepore, o che i broccoli sanno di cioccolata. Secondo il gastroenterologo britannico Peter Whorwell può essere utile invitare i pazienti affetti da colite, un’infiammazione dell’intestino, a immaginare una mano che stringe le loro viscere per poi allentare lentamente la presa.
Lo scetticismo del mondo scientifico sull’ipnosi spesso parte dal meccanismo: com’è possibile che una suggestione provochi effetti concreti? I sostenitori di questa tecnica hanno cominciato a usare strumenti per la visualizzazione del cervello in azione per capire cosa succede nella testa delle persone sotto ipnosi.
I cambiamenti nell’attività cerebrale cominciano già nella fase dell’induzione, spiega il neuroscienziato canadese Mathieu Landry, autore di una revisione sistematica delle ricerche sulla mappatura cerebrale legate all’ipnosi. Landry sottolinea in particolare l’aumento di attività nella rete fronto-parietale (Cen), un insieme di circuiti cerebrali coinvolto nella regolazione dell’attenzione e della concentrazione. Inoltre sembra che durante l’ipnosi aumenti la comunicazione tra alcune parti del Cen e il lobo dell’insula, che monitora e interpreta i segnali provenienti dal corpo.
Il lobo fa parte della rete di salienza, così chiamata perché indirizza l’attenzione verso cambiamenti importanti nell’ambiente circostante. Questa rete contribuisce a elaborare le minacce e a farci sentire spaventati o a disagio, percezioni spesso associate al dolore e alle fobie. Secondo Spiegel l’aumento delle comunicazioni tra il Cen e il lobo dell’insula potrebbe suggerire che l’ipnoterapia permetta al Cen di esercitare un maggiore controllo sulle emozioni negative.
L’ipnosi influenza anche l’attività della corteccia cingolata anteriore, che aiuta a focalizzare l’attenzione ed è fondamentale per elaborare il dolore. Esistono alcune prove che l’ipnosi alteri anche le connessioni tra la corteccia prefrontale e una terza area del cervello, l’amigdala, che contribuisce a regolare la risposta emotiva. Tutti questi cambiamenti potrebbero essere legati alla capacità dell’ipnosi di ridurre l’ansia e la paura in condizioni che provocano dolore, come l’Ibs. Secondo Markovits queste scoperte confermano la tesi secondo cui l’ipnosi sfrutta la capacità del cervello d’interpretare i segnali: durante l’ipnosi sarebbe possibile rielaborarli e dunque “sentire” meno dolore.
Ridurre i farmaci
Anche se il meccanismo resta poco chiaro, gli studi offrono prove dell’efficacia dell’ipnosi. Nel 2015 Whorwell ha scoperto che su mille persone affette da Ibs difficile da curare, 670 riferivano una riduzione del dolore di almeno il 30 per cento dopo l’ipnoterapia. Su circa trenta studi, la maggior parte ha concluso che l’ipnosi migliora significativamente i sintomi.
Nel 2020 il consiglio superiore di sanità del Belgio ha stabilito che nel trattamento della depressione e dell’ansia l’ipnosi può rafforzare gli effetti delle terapie standard, come la psicoterapia cognitivo-comportamentale (Cbt). Una meta-analisi di diversi studi simili ha riscontrato che combinare ipnosi e Cbt aveva migliorato le condizioni del 66 per cento dei pazienti affetti da depressione, dolore o obesità.
L’ipnosi è stata testata anche durante le operazioni chirurgiche. Uno studio del 2020 ha esaminato l’uso di due tecniche di ipnosi in aggiunta all’anestesia. Entrambe hanno provocato una riduzione del dolore maggiore rispetto al placebo. Questo significa che i pazienti hanno avuto bisogno di una minore quantità di morfina.
Questi risultati hanno fatto crescere l’interesse medico nei confronti dell’ipnosi. Dal 2015 tutti gli ospedali universitari francesi hanno cominciato a usare l’ipnosi per gestire il dolore. Le autorità sanitarie olandesi hanno formato i radiologi nell’uso dell’ipnosi per aiutare le donne durante gli esami per il cancro al seno. La tecnica è usata come strumento per la riduzione del dolore nell’ospedale pediatrico Bethesda di Budapest, dove vengono curate le vittime di ustioni.
Le ricerche sull’uso dell’ipnosi per smettere di fumare o superare l’insonnia sono meno affidabili, perché risentono della reputazione negativa di questa tecnica. Un problema è che l’ipnosi non è regolamentata. Presentarsi come un medico senza aver completato gli studi è illegale, ma chiunque può sostenere di essere un ipnotizzatore.
Esistono altri ostacoli alla diffusione dell’ipnosi. Dato che non è un farmaco, spiega Markovits, è difficile trarne profitto. Nel 2007 lo psicologo Guy Montgomery dell’ospedale Mount Sinai di New York ha pubblicato uno studio sulle biopsie mammarie secondo cui l’uso dell’ipnosi aveva ridotto i tempi dell’operazione, gli effetti collaterali e la somministrazione di sedativi e antidolorifici. Montgomery aveva calcolato che l’ospedale aveva risparmiato 772,71 dollari per paziente, ed era sicuro che altri oncologi avrebbero usato l’ipnosi. Ma è rimasto deluso. “Diversamente da quanto accade per i farmaci”, spiega, “con l’ipnosi i soldi non riempiono nelle tasche di qualcuno”. ◆ sdf
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Questo articolo è uscito sul numero 1598 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati