L’attuale governo israeliano è pericoloso per molti ebrei, anche per quelli che lo hanno votato. Ma prima di tutto è pericoloso per i palestinesi su entrambi i lati della linea verde, cioè i confini segnati prima della guerra dei sei giorni del 1967. Potrebbe attuare diversi piani di espulsione che i suoi ministri più influenti – quello delle finanze Bezalel Smotrich e quello della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir – hanno sostenuto apertamente. Non si accontentano di ciò che hanno fatto i precedenti governi del Partito laburista e del Likud, imponendo ai palestinesi il divieto di costruire e concentrandoli nell’Area A della Cisgiordania, inviandoli alla colonia penale di Gaza e revocandogli lo status di residenza. Vogliono la grande espulsione, fuori dei confini del grande Israele (che comprende anche i territori palestinesi), per questo è necessario creare caos sul piano politico-militare. In altre parole, ci vuole una guerra. Durante una guerra sarà più facile ripetere la nakba (“catastrofe” in arabo), la creazione dello stato ebraico del 1948, con l’esclusione di centinaia di migliaia di palestinesi.

Se l’espulsione di massa ci sembra fantascienza, ricordiamoci che fino a poco tempo fa anche parlare di un attacco alla democrazia israeliana a suon di leggi ci sembrava inverosimile. Dopotutto l’espulsione dei palestinesi dalla loro terra è diventata parte dell’ideologia israeliana molto prima che i ministri agissero per indebolire la corte suprema, che da parte sua non ha mai contrastato l’espropriazione e la discriminazione degli arabi. Già prima della sua fondazione, lo stato d’Israele considerava i palestinesi un’eccedenza non necessaria, da ignorare nel migliore dei casi e da eliminare nel peggiore.

Generazioni d’israeliani, compresa la maggior parte dei manifestanti che scendono in piazza oggi, sono state addomesticate a vedere le espulsioni dei palestinesi come una cosa naturale

Il pericolo di espulsione è concreto, perché la maggior parte degli israeliani che manifestano contro il governo è convinta che finora Israele sia stata una democrazia. Questi manifestanti non vedevano e ancora oggi non vedono che la loro democrazia per soli ebrei è stata una giunta militare per i palestinesi. La dittatura di cui parlano è già in atto da sessant’anni. A mantenerla non sono solo i cittadini israeliani ebrei e drusi, ma anche gli ebrei della diaspora che la sostengono emotivamente e finanziariamente, e anche l’occidente, che la tratta con infinita tolleranza.

Il regime militare israeliano in vigore nei territori occupati è insieme parlamento, governo, tribunale, carceriere e boia dei palestinesi. Non c’è mancanza di separazione dei poteri più evidente di questa. Israele controlla una popolazione conquistata, la priva dei diritti e, già da prima dell’invenzione delle fake news, sostiene che tutto questo sia legale. Generazioni d’israeliani, compresa la maggior parte dei manifestanti che scendono in piazza, sono state addomesticate a considerare le espulsioni dei palestinesi una cosa naturale. I residenti di Masafer Yatta, vicino a Hebron, in Cisgiordania, e il loro recente sfratto, approvato dalla corte suprema, non gli interessano.

La comunità lgbt renderà difficile l’approvazione di leggi omofobe. L’emarginazione delle donne nella società susciterà un’opposizione maggiore di quanto il partito di estrema destra Noam (che fa parte della coalizione di governo) possa prevedere. I danni provocati dalle politiche del governo israeliano per gli anziani, i malati, i lavoratori dipendenti e gli studenti getteranno sgomento anche tra gli ultraortodossi di Shas e gli elettori conservatori del Likud, il partito di Benjamin Netanyahu. Ma il male più grave, quello inflitto ai palestinesi, può contare alla knesset su una maggioranza più ampia di quella che sostiene il governo. I deputati laburisti Naama Lazimi e Gilad Kariv, un tempo considerati la speranza progressista, hanno già dimostrato che la discriminazione dei palestinesi porta consensi. Hanno votato in certi casi con la maggioranza per consentire la revoca della cittadinanza ai palestinesi israeliani. Si aggrappano a delle scuse per sostenere altre misure di espulsione. Loro, i loro elettori e i sostenitori della destra “moderata” di Benny Gantz, Gideon Saar e Avigdor Lieberman non si sdraieranno sotto le ruote dei camion per evitare l’incubo che la destra dei coloni sta creando.

Questa non è una profezia. È vietato predire su un disastro provocato dall’uomo come se fosse un luogo che esiste nello spazio e nel tempo. Questo è un avvertimento, un allarme, un grido di soccorso. ◆ dl

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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati