Non ho figli ma ti scrivo come collezionista di dischi: ho letto che i giovani hanno ripreso a comprare i vinili e sono curioso di sapere tu come genitore che spiegazione ti dai. –Jacques

Ho una sorella di undici anni più piccola di me e alla fine degli anni novanta raccontavo sempre di quando lei, bambina, mi chiese se avevo mai visto uno di quei “cd neri giganti”. Oggi i miei figli questa battuta neanche la capirebbero, visto che non hanno neanche ben chiaro cosa sia un cd. Così come non capirebbero i nostri pomeriggi passati attaccati alla radio in attesa che passasse la nostra canzone preferita. O le compilation in cassetta – amorevolmente decorate – che ci scambiavamo tra amici. Loro vivono in un’epoca dove hai accesso a tutta la musica in ogni luogo e in ogni momento. Per certi versi un paradiso, ma dall’altro la musica non si può ridurre sempre a un’esperienza mordi e fuggi. Perché, anche se è cambiata la tecnologia, una ragazzina ha ancora voglia di stare chiusa in camera ad ascoltare la sua cantante preferita. E secondo me la riscoperta della musica in vinile da parte dei giovani prova che ogni tanto anche loro sentono il bisogno di fermarsi. Invece dei Dire Straits sentono i Måneskin o Lorde, ma fanno comunque la stessa cosa: studiano la copertina dell’album, spulciano i testi delle canzoni e ascoltano musica senza fare nient’altro. Forse la generazione più bombardata di stimoli della storia sta semplicemente scoprendo la gioia di fermarsi un momento e prendere fiato.

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Questo articolo è uscito sul numero 1428 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati