Che tristezza vedere i negozi di giocattoli chiudere a uno a uno. Non stiamo perdendo uno spazio prezioso dove essere bambini? –Elio

“Sono distrutto dalla notizia che F.A.O. Schwartz abbia chiuso, e sollevato dal fatto che ai miei figli non importi nulla”. Così nel 2015 il giornalista Thomas Beller commentava la chiusura definitiva del famoso negozio di giocattoli di New York. “F.A.O. sulla quinta strada era la nostra mecca. Era molto più che un tempio dei giocattoli: era un tempio all’infanzia stessa”. Il negozio aveva aperto a Broadway nel 1870 e da allora era una presenza fissa a Manhattan, dove aveva fatto sognare generazioni di bambini ed era apparso in numerosi film.

Ma anche senza arrivare a New York, un tempo tutti i quartieri delle nostre città avevano un piccolo tempio dei giocattoli dove si passava per il compleanno o la promozione: nel mio caso si chiamava il Paradiso dei bambini e anche solo passare a guardare le vetrine era un momento emozionante. A un certo punto però sono apparsi i megastore fuori città, poi il reparto giocattoli degli ipermercati e oggi la sezione dedicata nei siti di vendita online, che hanno trasformato i giocattolai in una rarità.

Anche se ho il sospetto che manchino più agli adulti che ai bambini, c’è comunque da sperare: negli Stati Uniti si assiste a un ritorno degli spazi di vendita concreti, a cominciare dalla catena Toys R Us, risorta dopo la disastrosa bancarotta di qualche anno fa. Mentre F.A.O. Schwarz ha riaperto un bellissimo negozio al Rockefeller center e si prepara a inaugurare il suo primo grande punto vendita in Europa, a Milano.

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Questo articolo è uscito sul numero 1430 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati